Racconto


Calendario CSP: 21 dicembre 2024

Con questa casella il CST ci presenta l’ultimo racconto di questo calendario. Ambientato nel Varant precisamente a Bakaresh, dopo una tranquilla serata di chiacchiere e lontani ricordi, il giorno successivo quello che sembravano per l’appunto lontani ricordi di storie passate ritornano e si presentano alle porte della città più importante per gli Assassini!


“Il cimelio di famiglia”


Raschid alzò lo sguardo dalla scrivania. In piedi sulla porta del negozio, sotto la spada del bisnonno, c’era un uomo in un semplice caftano, i capelli leggermente unti sotto il fez per il sudore di una lunga giornata. Mettendo da parte la piuma di saprofago del deserto, si affrettò dietro il bancone. Suo figlio avrebbe dovuto essere lì, a servire i clienti. Ma, per ora, avrebbe dovuto fare a meno di Machmud.

“Saluti, saluti, figlio di viaggi lontani! Cosa posso fare per te?” “Qualcosa per rafforzarmi, padre dell’ospitalità. Sono appena arrivato nella madre di tutte le città. Il viaggio è stato arduo.”

“Ti credo, è già molto tardi.” Fuori, era già calata l’oscurità. La lampada a olio sulla scrivania di Raschid proiettava una luce tremolante nel negozio, facendo apparire i mobili e le figure dei due uomini come ombre grottescamente distorte e danzanti sulle pareti. Non aspettava più clienti e aveva pensato di potersi dedicare all’inventario in pace.
Mentre serviva all’ospite ciò che restava di riso, lenticchie e vitello e gli portava una ciotola di datteri, l’uomo si mise a suo agio.

“Il nostro capo carovana ha fatto una deviazione. Ma dovrebbe essere di buon auspicio per me raggiungere la più sacra delle città sotto il velo rinfrescante di Beliar e non sotto la bruciante maledizione della luce di Innos.” “Vieni dal nord?” Il dialetto tradì il suo ospite.
“Da Braga. Ho fatto un lungo viaggio. E pericoloso. Abbiamo fatto una deviazione per evitare i predoni, non viaggiando direttamente da Ben Sala ma avventurandoci prima nel deserto.”
“Potrebbe non essere stato necessario. Di solito Orbasan prende di mira le carovane commerciali, non i gruppi di pellegrini.”
“No, no, non Orbasan. Ne ho sentito parlare, un pericoloso bandito, lo chiamano il Signore del Deserto a Ben Hasha. Ma il nostro capo carovana ha detto la stessa cosa che hai detto tu.”

Il pellegrino spezzò un pezzo di pane azzimo che Raschid aveva ora posato sul tavolo e lo usò per raccogliere un po’ di riso e lenticchie. Il suo sguardo si posò sulla spada appesa al muro sopra la porta.
“Nomadi. I nomadi stanno causando problemi lungo il percorso.”
Raschid strizzò gli occhi e corrugò la fronte. “I nomadi non oserebbero avvicinarsi così tanto a Bakaresh. Una volta superato il sentiero da Lago a Ben Sala, non hai più nulla da temere da loro. Sono solo alcuni predoni. Emarginati dai loro stessi clan. Spinti dal loro odio per Beliar e i suoi servi. Fuggono nel profondo del deserto non appena gli Assassini di Bakaresh si avvicinano. Perfino gli schiavisti li temono e li evitano.”
Ma il suo ospite scosse la testa. “No, non sono solo alcuni predoni. È un intero clan di nomadi! Decine di guerrieri. I Beni Sinikar, li chiamava il nostro capo carovana. Sono in guerra!”
“Lo ha detto per spaventarti e farti pagare più oro per la deviazione. Sii cauto, figlio dell’ingenuità; a Bakaresh, ci sono molti che predano i pellegrini ignari.”

I nomadi erano stati nuovamente braccati dal ritorno di Zuben e gli Assassini avevano scacciato i loro occupanti Myrtaniani. Negli ultimi anni, erano stati costretti a inoltrarsi sempre più nel profondo del deserto. E tuttavia, non avevano reagito. E come avrebbero potuto? Erano pochi e male armati, i loro maghi dell’acqua non erano mai tornati dal nord. Non avrebbero osato avvicinarsi a Lago, figuriamoci alla potente Bakaresh.

Il pellegrino continuò a fissare la spada mentre mangiava. La curiosità gli sciolse presto la lingua:
“Non ho mai visto un’arma come quella prima, padre delle meraviglie”.
Il petto di Raschid si gonfiò immediatamente e le sue labbra si allargarono in un sorriso. La lama del suo bisnonno era il suo orgoglio e la sua gioia. Tutti a Bakaresh conoscevano sicuramente il suo cimelio. Era proprio per questo che gli piaceva ospitare pellegrini, mercanti e altri viaggiatori: non si stancava mai di raccontarne la storia.
“Quella è una spada del Nordmar”, sussurrò.
“Per Beliar! Un’arma barbarica?” Ora lo straniero guardava l’artefatto con doppio interesse.
Raschid annuì orgoglioso. “Un’arma forgiata con minerale magico! Nemmeno a Ben Sala troverai artigiani abili come quelli delle montagne di Nordmar. Lo vedi?” Indicò lo scudo rotondo sul muro.
“Anche quello scudo proviene dagli uomini di quelle terre. Pensa alla neve che ricopre le vette invernali di Ben Hasha: nel Nordmar, ricopre l’intera terra, tutto l’anno”.
“Ci sei mai stato, padre di viaggi lontani?”
“No, ma il mio bisnonno sì. Il suo nome era Fadlan. Era un uomo colto e viaggiava molto. Combatté al fianco dei Nordmariani, i guerrieri più forti e coraggiosi del mondo”.
“Con chi hanno combattuto?”
“Oh, contro un grande male”. Raschid abbassò la voce. “C’era un clan tra i Nordmariani che adorava i vili djinn. Predoni, peggiori di qualsiasi nomade. Costruivano navi e facevano scorrerie molto, molto a sud dalla loro costa. Anche qui a Bakaresh, arrivarono e la saccheggiarono.”
“Per Beliar! La città santa!”
“Questo è stato prima che il Califfo iniziasse a predicare la fede. Al tempo del vecchio, debole Sultano. Arrivarono come un vento del deserto, calando sulla città, uccidendo molti uomini, rubando oro e donne, e scomparendo di nuovo con la stessa rapidità con cui erano arrivati. Questi uomini erano dei predoni così vili che si attirarono l’ira del loro stesso popolo. Ma alla fine, furono sconfitti, dal mio bisnonno e dai suoi compagni”.
“Una lama di minerale…”, mormorò l’ospite. “Questa spada deve valere una fortuna!”
Raschid rise. “Oh sì, scommetto che non ce n’è un altra uguale in tutta Varant. Aschnu, il mercante più ricco della città, ha offerto una fortuna per la mia spada. Anche il tempio ha mostrato interesse. La mia modesta attività è diventata prospera da quando la città ha iniziato a vedere più pellegrini e il commercio è rifiorito. Mi aspetto che tra qualche anno il porto venga finalmente ricostruito. Sicuramente, le navi dalle Isole del Sud torneranno. Non mi separerò dal mio cimelio tanto presto!”

Raschid si sentì un po’ stanco la mattina dopo mentre si dirigeva verso la vecchia porta della città. La conversazione con il suo ospite aveva ritardato il suo lavoro di inventario, quindi era andato a letto più tardi del previsto. Tuttavia, si era alzato all’alba e si era vestito.
A Varant era saggio fare commissioni al mattino o alla sera. L’occhio onniveggente di Innos non si era ancora alzato in alto e una brezza fresca soffiava ancora dal mare su Bakaresh, accompagnata dal suono gentile e monotono delle onde. Ma non era solo il caldo incombente di mezzogiorno a spingerlo, era anche il pensiero dei suoi clienti. Aveva bisogno di aprire il negozio al più presto. Gli sarebbe piaciuto aprirlo subito, ma non poteva essere in due posti contemporaneamente. L’assenza di Machmud si faceva sentire ogni giorno. Si consolava con la speranza che suo figlio, ora unito agli Assassini e di stanza a Ishtar, gli avrebbe presto mandato dei soldi. Forse allora Raschid avrebbe potuto permettersi uno schiavo che lo aiutasse a gestire il negozio.
Qualcosa sembrava diverso quella mattina. Le strade sembravano più affollate. È vero, a Bakaresh, la città del grande tempio, c’era sempre un’attività frenetica al mattino: mercanti di Mora Sul, pellegrini da ogni parte del paese, gente del posto e adepti del tempio si accalcavano tutti al mercato di buon mattino. Ma oggi, il chiacchiericcio era più frenetico, i volti segnati dalla confusione o dalla preoccupazione. A ogni angolo che girava, a ogni nuovo gruppo di persone agitate che incontrava, Raschid sentiva la sua tensione aumentare. Inconsciamente, accelerò il passo.
Mentre passava davanti alla Torre del Trono e si avvicinava all’uscita della città, si fermò di colpo: davanti a lui, una folla caotica di persone si spingeva e urlava l’una sull’altra. La guardia cittadina e persino la guardia del tempio stavano trattenendo la folla con le loro lance, cercando di ristabilire l’ordine.

Presto Raschid si ritrovò intrappolato in mezzo alla folla. Frammenti di parole gli giunsero alle orecchie senza avere molto senso. La gente lo urtò. Una vecchia donna stringeva tra le braccia un pollo che svolazzava e gracchiava, perdendo piume nella sua lotta per scappare.
“Cosa ci fai qui in città?” esclamò sorpreso.
“Raschid, per Beliar!” Burak lo afferrò per le braccia e lo scosse.
“I nomadi! I nomadi!”
“Non capisco…”
“Hanno attaccato l’oasi!”
“I predoni hanno osato avvicinarsi all’oasi?” “Non solo alcuni predoni! I Beni Sinikar! L’intero clan! Sono arrivati dal deserto prima dell’alba. E c’erano guerrieri del nord con loro. E un mago! Avevano un mago con loro! Un mago dell’acqua! Hanno preso l’oasi. Guerra, guerra: i nomadi sono in guerra con noi!”

Ci volle un momento a Raschid per comprendere appieno cosa Burak stesse dicendo, per comprendere il significato delle sue parole. L’oasi fertile, la linfa vitale di Bakaresh, da cui dipendevano la città e persino i suoi affari. I nomadi avevano colpito con un colpo solo, prendendo di mira la città dove era più vulnerabile. E all’improvviso, Raschid non fu più così sicuro di non doversi rimangiare le parole pronunciate la sera prima.

Autore: Jünger des Xardas


Traduzione italiana a cura di Luis “CardinaleRosso” Pendin.


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Calendario CSP: 14 dicembre 2024

Un’altro entusiasmante racconto, la storia di Myrtana nella sua regione nel Nordmar si arricchisce di nuove storie e avventure che quotidianamente vengono affrontate e rendono il tutto più interessante!

“Tracce nella neve”

Ruth guardò il cielo. La nevicata si era intensificata e presto si potevano distinguere solo vaghi contorni delle aspre vette del Nordmar. Un vento freddo ululava attraverso i canyon, facendo scricchiolare gli abeti sotto forti raffiche. Una ciocca dei suoi capelli ramati le colpì il viso, oscurandole ulteriormente la vista. Strizzando gli occhi, scrutò il mondo bianco-grigio, sperando di vedere il percorso che avevano preso. Ma i suoi occhi, pur giovani e acuti la delusero e, come se non bastasse, la notte si stava avvicinando. Non avevano più le torce, quindi non riusciva più a distinguere le deboli impronte sulla neve, che aveva scambiato per tracce umane. Tracce che seguivano da mezza giornata, sperando che riconducessero alla civiltà. Ruth tremò, ma non tanto per il freddo quanto per la paura di perdersi di nuovo. Attraversare il Nordmar senza una guida locale era già abbastanza rischioso, ma con Egan al suo fianco sembrava un viaggio di sola andata.

Respirò profondamente l’aria gelida, poi espirò con un sospiro silenzioso e fissò la foschia.
“Ora mi sento proprio come te, nonno. Ma non posso lasciarti vedere quanto ho paura. Hai bisogno di me. Hai solo me. E io… ho solo te.”
Questi erano i pensieri che Ruth non poteva ignorare. Tenne Egan più vicino e cercò di mantenere la voce calma:
“Dai, continua a tenermi stretto. Ci siamo quasi. Ancora qualche passo.”
Se stesse rassicurando se stessa o Egan, solo gli dei lo avrebbero saputo.

Il vecchio, curvo, si appoggiava al bastone con una mano e con l’altra si aggrappava a Ruth, riuscendo a trovare un ritmo costante. Lentamente, ma costantemente, continuavano a progredire. Alzò lo sguardo con un’espressione tesa e disse:
“Ruth, mia cara. Quell’ululato. Sta diventando più forte.”
“È solo il vento, nonno. Una tempesta sta arrivando sulle montagne. Facciamo in fretta.”
Ma Egan si fermò:
“No, intendo l’ululato nella tempesta, cara Ruth. Sai cosa significa. Insisto che tu usi le tue gambe giovani e veloci e corra, se è necessario. Mi hai dato la tua parola.”
“Non si arriverà a questo”, rispose Ruth, trascinando Egan con sé. La loro visuale era ormai limitata ad appena venti passi. Quasi ciechi, avanzavano faticosamente nella neve, superando arbusti carichi di neve e abeti ispidi. Ruth si grattò la faccia su un ramo, gemendo mentre si stringeva la guancia arrossata dal freddo. Guardò ancora una volta nella foschia. L’ululato era davvero più forte ora, quindi lottò per trascinare con sé il vecchio a un ritmo più veloce.

All’improvviso Egan inciampò ed entrambi caddero nella neve con un tonfo. Fortunatamente, le spesse pelli di bisonte che avevano scambiato due giorni prima con i cacciatori del Clan del Lupo li tenevano al caldo e attutirono la caduta. Ruth, con riluttanza, aveva scambiato con loro gli ultimi ricordi della sua terra natale perduta, non gli era rimasto più nulla, ad eccezione di Egan: non poteva sopportare di separarsene.
Ruth si alzò, pronta ad aiutare Egan ad alzarsi quando notò un’ombra che si muoveva rapidamente nella neve verso di loro. Lei si bloccò, stringendo forte la mano di suo nonno. Era un lupo di ghiaccio? O qualcosa di peggio? Una delle bestie brutali del Nord li aveva sfortunatamente rintracciati? Proprio in quel momento, un cervo bianco emerse dalla neve vorticosa. I cervi sussultarono all’incontro inaspettato, poi scapparono in lontananza. Cadde il silenzio.

Ruth cominciò a singhiozzare, sopraffatta. A cosa avevano pensato mentre cercavano rifugio nel monastero del Nordmar? Alla fine del mondo. Sì, era lontano dalla devastazione della guerra, ma non aveva immaginato che sarebbe stato così difficile.

“Continua a dirigerti a nord, addentrandoti nelle montagne finché non raggiungi la cresta della montagna. Rimani sulla strada. È un viaggio lungo, ma se Innos lo vorrà, ce la farete” aveva consigliato loro un soldato ferito la mattina in cui erano partiti. A quel punto, il loro gruppo di rifugiati nei boschi era cresciuto fino a raggiungere decine di persone e tutti sapevano che le scorte stavano diminuendo. Ruth ora sospettava che il riferimento al monastero fosse stato semplicemente una scusa per mandarli via. Dopotutto, chi altri vorrebbe assumere un uomo anziano e fragile nel mezzo della guerra? Il monastero era sembrato l’unica opzione per un rifugio sicuro, quindi avevano corso il rischio.

Egan era di nuovo in piedi, stringendo il bastone. “Nessuna lamentela, bambina. Dopo la pioggia arriva il sole, sempre. Siamo arrivati fin qui. Sicuramente Innos veglia su di noi; perché dovrebbe abbandonarci adesso?”
Ruth si costrinse a sorridere, raccogliendo la sua decisione. Suo nonno era stato lì per lei per tutta la vita, anche quando la sua vista aveva cominciato a indebolirsi. Ora, con tutto perduto in guerra, aveva giurato di essere lì per lui. Rinnovata nella sua promessa, unì le braccia ad Egan e continuarono il loro viaggio. Mentre proseguivano, arrivarono a un passaggio tra due pareti rocciose, dove Ruth pensò di vedere un sentiero sgombro. “Grazie agli dei”, pensò, dicendo a Egan di continuare a muoversi. Il vento non penetrava così forte tra le rocce e la loro vista migliorava. Alzò lo sguardo e vide un ponte di corda che si estendeva attraverso la gola.
“Nonno, c’è un ponte! Adesso dobbiamo essere vicini”, disse con sollievo.

Il suo sguardo seguì il sentiero e alla fine del burrone vide un bagliore lontano. Fermò Egan per dare un’occhiata migliore. La luce sembrava muoversi, diventare più intensa. Poteva mai essere un piccolo incendio? Mentre il disagio si impadroniva di lei, il vento tacque per un breve momento e lei udì un debole battito ritmico. Il vento si alzò di nuovo, il chiarore si intensificò. Boom! Boom! Adesso il suono era più chiaro. Ruth ed Egan conoscevano questo suono fin troppo bene, un’eco profondo ardeva nei loro ricordi.
Tamburi degli Orchi.
Ruth non esitò, afferrò Egan e lo trascinò nel boschetto lungo la strada, dove si gettarono nella neve e rimasero immobili. La truppa di orchi, guidata da un tamburino, marciava lungo la gola, illuminando il sentiero con le torce.
Proprio mentre i due umani si tuffavano tra i cespugli, guerrieri pesantemente corazzati e armati di larghe asce avanzarono nella neve a soli tre metri dal loro nascondiglio. Il tamburo batteva il suo ritmo implacabile. Ruth non si prese la briga di contare gli orchi, ma era sicura che non si trattava di un gruppo di esploratori: erano troppi. Mentre giacevano immobili, trattenendo il respiro, uno degli orchi notò strane tracce sul sentiero. Tracce troppo piccole per un orco e nemmeno del tutto simili a quelle di un uomo del Nord. Lupo? No. Cervo? Inoltre no. L’orco abbassò la torcia sulla neve. Cinque tracce, vicine tra loro: quattro sembravano piccole impronte, la quinta come il segno di un bastone.

Umani! L’orco emise un grido aspro e il gruppo si fermò. Ruth, dal suo nascondiglio, poteva vedere altri tre orchi esaminare la pista e discuterne in una lingua che non capiva. Gli altri guerrieri fissarono la nebbia e, per un momento, Ruth pensò che gli occhi cupi di una delle creature si fissassero nei suoi, facendole battere il cuore. Accanto a lei, sentì Egan tremare leggermente, facendo tremare il cespuglio. Sarebbero stati scoperti da un momento all’altro. Il panico invase Ruth mentre si tappava la bocca con le mani per soffocare un grido. Ma dopo una tesa riflessione, gli orchi sembrarono decidere che non valeva la pena seguire le tracce e continuarono la loro marcia. Ben presto i colpi di tamburo si dissolsero in lontananza.
Rimasero assolutamente immobili per quella che sembrò un’eternità, ascoltando il vento freddo. Erano stati fortunati. “Ruth, mi si stanno congelando le dita dei piedi. Dobbiamo continuare a muoverci”, insistette Egan, strisciando fuori dai cespugli e scrollandosi di dosso la neve. Ruth lo seguì. Se non avessero raggiunto presto la loro destinazione, la loro fortuna sarebbe sicuramente finita. Tenendosi ancora stretti, si spinsero verso l’ignoto.

Quando finalmente la neve cessò e la visibilità si schiarì, Ruth riuscì a distinguere il sentiero nel sole del mattino. Lo seguirono ancora un po’ e infatti, alla fine della gola, vide delle capanne appollaiate in cima alle rocce.

Nella quiete mattutina, Sivert difficilmente poteva credere ai suoi occhi quando vide chi si stava avvicinando. Si affrettò ad aiutare Ruth a portare il tremante Egan nel villaggio. “Ecco, siediti accanto al fuoco e riscaldati. Ho vegliato qui per tredici inverni, ma non ho mai visto un vecchio cieco e una giovane donna disarmata arrivare fin qui. Innos deve aver davvero vegliato su di voi. Benvenuti nel Clan del Fuoco, abitanti della pianura.”

Autore: Dr.Gothic


Traduzione italiana a cura di Luis “CardinaleRosso” Pendin.

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Calendario CSP: 05 dicembre 2024

Con questa casella il CST ci presenta un’altro racconto, la storia di Myrtana e più precisamente quella di un mago, della magia e della capitale Vengard nel suo guscio magico… che si arricchisce sempre più di particolari interessanti!


“Il Vaso della Conoscenza”


Nereus fece scorrere delicatamente le dita sull’antica carta del tomo steso davanti a lui. Le fragili fibre assorbirono avidamente i residui oleosi dalle dita del mago. Quasi con amore, delineava singole lettere che formavano parole, poi frasi, che nei loro ermetici doppi sensi sussurravano segreti di arcane conoscenze. Leoni infuocati e fanciulle dorate popolavano le illustrazioni criptiche, una sfida che solo una mente iniziata poteva sperare di decodificarle.

Per Nereus non erano altro che muri cerebrali, ostacoli destinati a essere superati da una mente vigile. A modo loro, erano più difficili da conquistare di qualsiasi fortezza di pietra. L’antico materiale, toccato dalle sue dita, cominciava a cambiare, con alcune fibre che diventavano fragili e offuscavano la scrittura, mentre altre parti cedevano il loro pigmento al suo tocco. Qualunque cosa fosse accaduta, la saggezza di questo antico libro sarebbe stata salvaguardata dalle sue azioni. Distorto, nascosto e reso illeggibile, eppure, in linea di principio, ancora presente. Anche l’orco più astuto non riuscirebbe a violare questo tipo di fortezza e a rivendicarne i segreti.

Certo, avrebbe potuto bruciare il libro. Cosa sarebbe stato più facile? Negare la conoscenza distruggendola completamente. Semplice ed efficace: l’approccio ristretto. Solo chi non rispettasse lo sforzo necessario per estrarre anche la più piccola frazione dal grande fiume della conoscenza ricorrerebbe a tali mezzi. Questo libro era un veicolo, un contenitore di saggezza… e dopo tutto, cos’era un mago?
Quanto desiderava essere così ben protetto lui stesso. Ma le mura di Vengard non potevano fornire quel tipo di sicurezza. I suoi compagni maghi erano impegnati a preparare le difese della città, mentre l’Arcimago Karrypto raccoglieva tutto il necessario per erigere una barriera magica. Questa barriera doveva rendere la città un’isola intoccabile nel mare infestato dagli orchi, forse anche una zattera di salvezza. Nereus contribuì solo con il necessario; aveva poca fiducia nella promessa del muro. Dopotutto, non era la prima volta che gli veniva offerta una barriera magica come protezione contro l’annientamento.

Nereus aveva dedicato la sua vita da mago ad assorbire più conoscenza, non importa quanto in profondità avesse dovuto immergersi per trovarla. Alcuni dei suoi confratelli la pensavano come lui, mentre altri si attenevano più strettamente alle regole dell’Ordine. Nereus era sempre stato visto come un outsider tra i seguaci di Innos. Solo il suo venerabile mentore, Catmaol, lo collegava ai suoi compagni maghi. Il vecchio condivideva il gusto di Nereus per la conoscenza proibita e insieme esplorarono i lati più oscuri della magia. Sia Catmaol che Nereus furono sospettati di eresia e, a un certo punto, il Consiglio pensò di inviarli a rinforzare i loro fratelli intrappolati all’interno della Barriera. I tempi erano cambiati a tal punto che anche le navi difettose non dovevano essere disarmate ma riutilizzate.
Ma il destino è beffardo. Catmaol morì prima che il viaggio potesse iniziare e fu sepolto nella cripta di Vengard. Dopo la cerimonia le circostanze cambiarono e il viaggio non fu più necessario. Invece, Nereus si ritrovò sotto l’occhio vigile dell’Arcimago Karrypto, incaricato di prevedere le capacità magiche del nemico e di ideare contromisure preventive. Era un compito solitario, lontano dai suoi fratelli che si occupavano di questioni più pratiche. A Nereus non importava; raramente doveva rispondere a Karrypto, che era preoccupato per il re.

A poco a poco, Nereus si immerse nel Vengard, avvicinandosi ad esso come farebbe con qualsiasi testo. Torri e bastioni divennero nella sua mente frasi, mura e porte espressioni di intenti. Le strade della città si sono trasformate in frasi in un linguaggio di trattenere, dare e rivendicare. Si trattava di un duello ipotetico, presupponendo che anche il nemico si preparasse a combatterlo. Laddove asce e spade si scontravano, gli sciamani lanciavano i loro incantesimi e i maghi dovevano contrastarli. In altri luoghi, forze indicibili si erano già scatenate senza incontrare un’adeguata resistenza.

Nereus sprofondò più profondamente nella città, questo tomo di terra, pietra e acciaio. Notte dopo notte, con l’aiuto della conoscenza proibita, abbandona il suo guscio fisico per esplorare ogni angolo nascosto. In uno di questi angoli, alla fine trovò un punto debole, scoperto durante una conversazione eterea con i resti silenziosi di Catmaol. I luoghi più familiari sono spesso quelli che ti sorprendono. La vista dell’ordinario oscura ciò che non è già previsto. Lì, tra i morti consacrati, un tunnel conduceva da sotto il santuario della città direttamente alla sede del potere. Aveva trovato il punto debole che doveva essere sigillato e avrebbe gestito la cosa a modo suo.
Per ore, Nereus tatuò con cura dei pigmenti sulla sua stessa pelle, mentre le sue braccia diventavano la pergamena per gli incantesimi. Si sentiva diventare sempre più simile al tomo. Non prestò attenzione al trambusto intorno a lui. I tamburi rimbombavano sulle mura della città come una tempesta, ma lui non li sentiva. I suoi fratelli si precipitarono sulla torre; si teneva lontano da loro. Nessuno di loro se ne accorse mentre scivolava in cantina, lo sguardo determinato negli occhi e un fagotto sulle spalle.

In quei corridoi si trasformava, proprio come aveva fatto la scrittura sotto le sue mani. Lì, nelle profondità, il mago Nereus avrebbe compiuto il suo dovere: proteggere la città, distorta e irriconoscibile, fuori dalla vita ma ancora presente.

Autore: HerrFenrisWolf


Traduzione italiana a cura di Luis “CardinaleRosso” Pendin.


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Calendario CSP: 23 dicembre 2022

Con il 23 dicembre dal CST arriva un’altro racconto, la storia di Myrtana si arricchisce sempre più di particolari interessanti!


“DESIDERIO DI LIBERTÀ”

L’uccellino e lo sciacallo



“Dimmi, Selim, manca ancora molto per Bakaresh?”

“No, mia signora. Abbiamo già passato le rovine. Abbiamo fatto più di metà del tragitto.”

Meltem sospirò. Mise le sue dita delicate nella ciotola che teneva sulle gambe, portandosi un altro pezzo di lokum alla bocca. Presto quelle dita avrebbero nutrito Aschnu con il lokum.
Ma no, per queste cose ha le sue schiave. Queste dita non farebbero altro che graffiargli il volto, se solo osasse pensare che io lo serva.
Socchiuse gli occhi, anche se fino ad allora non aveva visto altro che le tende della sua portantina, e si focalizzò sulle rocce delicate, sulla tenera canzone di Jamila e sul gusto di rosa che le permeava la bocca.
“Hai tutto ciò che il tuo cuore potrebbe desiderare”, le aveva detto suo padre, “e come moglie di Aschnu avrai anche di più.”
Tuttavia, il suo cuore non desiderava le prelibatezze nelle ciotole che la circondavano.Non desiderava il lokum, i fichi, i datteri, le mandorle tostate o i melograni. Né tantomeno desiderava i gioielli preziosi che le adornavano il collo esile, né gli smeraldi e gli zaffiri incastonati negli orecchini d’oro e d’argento che le pendevano dalle orecchie. Non desiderava nemmeno la seta che avvolgeva e accarezzava la sua tenera pelle.
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Calendario CSP: 20 dicembre 2022

Per il 20 dicembre il CST ci propone finalmente qualcosa che mancava a questo calendario, diamo una bella lettura a questo nuovo ed entusiasmante racconto breve!


“IL CREPUSCOLO DEGLI DEI”

La battaglia per Faring


“Nemmeno gli dei sanno quale fato ci attende… E inizio solo ora a comprendere le possibilità che si aprono innanzi a me… Ma una cosa è certa: SICURAMENTE ci incontreremo di nuovo…”
Con queste parole, il nuovo avatar di Beliar lanciò un incantesimo. L’aria si riempì di scintille e Xardas sparì dalla cabina del capitano dell’Esmeralda in un lampo di luce. Il teletrasporto aveva richiesto molta energia per riportarlo sulla terraferma, direttamente nella sua nuova torre sui pendii ghiacciati del Nord. Tuttavia riuscì ad arrivarci, seppure un po’ debilitato e ancora incapace di controllare a pieno i suoi nuovi poteri. Si portò le mani al capo, socchiuse gli occhi e udì… qualcuno che gli parlava. Un suono familiare. Doveva recarsi subito nella sua nuova stanza delle evocazioni e meditare, così da controllare quella voce. Per il momento i servitori che aveva evocato non erano ancora riusciti a completare la sua nuova torre, tuttavia i suoi nuovi poteri avrebbero velocizzato tanto la costruzione quanto i suoi piani.


Due settimane più tardi:

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Calendario CSP: 19 dicembre 2021

Per il 19 dicembre il CST ci propone un nuovo racconto breve, ambientato a Trelis. Precisamente nei sotterranei del castello, che nel gioco originale consistevano in una sola stanza, ma, stando al racconto, potrebbero essere stati ampliati dal CSP!


LE CATACOMBE DI TRELIS

Trenta monete! Perché si era lasciato coinvolgere per una tale somma? “I miei peggiori stivali valgono più di trenta monete!”, esclamò Alonso. Era stato uno scoppio involontario del suo malcontento, ma lo fece trasalire perché l‘eco sembrava riportargli indietro il suo brontolare amplificato dal varco oscuro alla fine delle scale. E se all‘inizio il semplice suono l‘aveva spaventato perché non se lo aspettava, adesso tremava al pensiero di chi potrebbe averlo sentito.

O cosa.

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Calendario CSP: 16 dicembre 2021

Nella casella 16 il CST ci propone un racconto breve, che sin dalle prime righe farà ricordare uno dei momenti chiave e più noti della saga di Gothic. Buona lettura!


Il pavimento della cabina tremò mentre appariva il bagliore dell‘incantesimo di teletrasporto. Un momento dopo, era sparito, proprio come lui, l‘evocatore di demoni.

L‘eroe rimase immobile per un attimo, pensando rapidamente a Xardas. La cabina sembrava ancora intatta, sempre priva di oggetti di lusso. Solo della polvere dorata fluttuava nell‘aria, svanendo un poco alla volta.

All‘improvviso la porta venne spalancata e Gorn con la sua ascia si piazzò sullo stipite. L‘eroe lo osservò con curiosità, sollevando il sopracciglio sinistro.

Gorn gli spiegò all‘istante: “Abbiamo sentito dei rumori provenienti da questa cabina. Pensavamo si fosse messo male.”

Gorn poi fissò irritato la nuvola di polvere ormai quasi scomparsa e si rivolse di nuovo all’eroe: “Dimmi… cosa stavi facendo? Pulizie? Da dove viene questa strana polverina?”

“Io …”, stava per dire l’eroe, quando la voce del capitano risuonò all’esterno:

“LA GROTTA STA CROLLANDO!!!”

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Calendario CSP: 23 dicembre 2020

Dopo il racconto breve di ieri, anche oggi il calendario ci propone una storia ambientata sempre nel “nuovo” porto di Vengard, ma in un periodo precedente della storia.

“GIÙ AL PORTO, SI SA CHE…”

di HerrFenrisWolf

Una folata di vento salmastro investì Trabas e lo svegliò dal suo sonno che sapeva di birra. Le sue membra sembravano di piombo, come se fossero imprigionate nei suoi vestiti freddi ed umidi. In un momento l’ebbrezza della notte passata scomparve e venne rimpiazzata dai postumi del giorno dopo. Aprendo gli occhi trovò ad attenderlo la luce accecante del sole. Ogni giorno che passava, la sua capacità di riprendersi dalle sbornie peggiorava, ma anche quella mattina Trabas si rimise in piedi, si guardò intorno, ondeggiò un po’ e poi seguì il suo istinto di vomitare giù nel mare oltre il parapetto della torre del porto. Quando ebbe finito si pulì la bocca con la manica, si aggiustò il vestito e ringrazio gli dei del fatto che i suoi abiti non si erano sporcati né di escrementi di gabbiano né di altro.

Ai suoi piedi si trovava ancora il calice d’oro, riccamente decorato, con cui ieri avevano lanciato un brindisi dopo l’altro in direzione del palazzo reale. Trabas raccolse da terra il calice, fin troppo prezioso per quella semplice torre di guardia. Ma è così che vanno le cose al porto. A volte alcune merci trasportate sparivano appena arrivate al molo, altre volte dei beni preziosi venivano rifilati alle milizie per assicurarsi silenzio o favori. In ogni caso il calice prezioso ora veniva riempito di acqua fresca, nella speranza che questa schiarisse i pensieri di Trabas.

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Calendario CSP: 22 dicembre 2020

Stiamo arrivando al termine del calendario 2020. Il CST stavolta ci mostra un racconto breve ambientato nel nuovo porto di Vengard, che ci era stato presentato nell’ultima casella dello scorso calendario.

IL PORTO DI VENGARD

di Gregox

Il sole splendeva attraverso la finestra e gli fece sbattere le palpebre. Prima di rendersene conto, era già del tutto sveglio, si posizionò seduto con le sue vecchie ossa e diede un’occhiata intorno a sé. La sua capanna nel molo era piuttosto piccola. Un letto doppio, un forziere robusto e un armadio. Ma era sempre meglio di quel che aveva altra gente, perché per lo meno aveva un tetto sopra la testa. E non era da sottovalutare di quei tempi.

I suoi occhi vagarono verso l’altro lato del letto che era vuoto. Da quando era così, gli era rimasta una sola speranza nella vita: morire di una morte indolore e riunirsi con sua moglie.
Sospirò, scese dal letto e indosso i vestiti. Il suo coltello e del denaro in una borsa penzolavano dalla sua cintura.
Uscì di casa e si diresse verso la bancarella sul lato opposto della strada per le compere quotidiane.

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Calendario CSP: 23 dicembre 2019

Come nello scorso calendario, anche quest’anno il team del CSP ci propone dei discorsi, ma questa volta riguardano i maghi seguaci di Beliar, dal loro punto di vista e da quello dei maghi avversari.

Non ti spaventare, straniero. Lo so, il mio aspetto è sufficiente a spaventare i molti. Chi potrebbe biasimarli? Solo il primo vero servitore di Beliar che vedono dal vivo. Cosa ne sa il popolo dei sacerdoti del dio oscuro? Per secoli ci siamo nascosti da tutti e tutto, tramandando le nostre tradizioni segretamente, perché la Chiesa di Innos e le autorità del regno, con tutti i loro frivoli Maghi del Fuoco e fanatici Paladini, non ci permettevano di uscire allo scoperto. I loro devoti seguaci sono stati rimpinzati di bugie e menzogne superstiziose su Beliar. [ Leggi il resto dell’articolo! ]