Multiplayer.it ha pubblicato una nuova anteprima di Risen 2: Dark Waters, dopo averlo provato direttamente presso i Piranha Bytes.
Nei mesi scorsi abbiamo avuto modo di conoscere questo sequel attraverso un paio di incontri piuttosto corposi da un punto di vista contenutistico. Prima è stata la volta delle immancabili fiere di settore, l’E3 e la GamesCom grazie alle quali siamo riusciti a scoprire i primi dettagli approfonditi sulla trama e i personaggi, poi è stato grazie a un hands on di ampio respiro scritto da Roberto che abbiamo toccato con mano il sistema che gestisce i companion e la buona libertà offerta al giocatore nell’affrontare le quest avendo allo stesso tempo un’infarinatura del sistema di combattimento alle prese con nemici normali e boss.
Ma Piranha Bytes ha continuato a spingere con forza sul suo nuovo progetto al punto da invitarci direttamente a casa loro, a Monaco, per giocare in totale libertà le prime ore di Risen 2: Dark Waters. La nostra prova si è quindi focalizzata sulla sequenza introduttiva, ambientata in una Caldera ormai in preda al caos per poi spostarsi rapidamente nella rigogliosa Tacarico dopo una manciata di ore di gioco saltate con l’ausilio di un comodo salvataggio. Vediamo nel dettaglio cosa abbiamo sperimentato.
Alcol e degrado: l’accoppiata perfetta
Dopo una breve introduzione in computer grafica che funge da raccordo tra i due capitoli di Risen ci troviamo nuovamente a vestire i panni dell’eroe senza nome del prequel, ormai alcolizzato e ridotto ad essere l’ombra di sé stesso. La sua lotta contro i Titani non ha infatti avuto esito positivo e il suo legame ormai sfilacciato con l’inquisizione lo rende praticamente alla mercé del migliore offerente. Il primo spezzone di gioco funge in qualche modo anche da tutorial iniziale e ci permette di prendere dimestichezza con il nostro avatar e con la minaccia incombente. Non veniamo immediatamente buttati nella mischia senza aver chiaro cosa fare e come poterlo fare, un po’ come accadeva nel prequel.
Dobbiamo fuggire da Caldera, ultimo avamposto della penisola del Reame Perduto ancora in mano agli uomini per cercare di raggiungere il famigerato pirata Barba d’Argento unico custode dei segreti di una terrificante arma in grado, a quanto pare, di sconfiggere definitivamente i Titani. Il caso vuole che proprio sulla spiaggia di fronte al nostro triste alloggiamento naufraghi la nave di Patty, affascinante figlia del famoso pirata e nostra vecchia conoscenza. Sarà lei a spronarci ad andarcene dall’avamposto, guadagnare la fiducia dei malviventi del mare, vestire i loro panni e infine mettersi sulla scia dell’arma definitiva. In concreto questi primi venti minuti di gioco ci hanno permesso di ritrovare il classico sistema di dialoghi a scelta multipla con una discreta libertà offerta al giocatore in termini di modalità per affrontare le situazioni e raggiungere differenti esiti delle quest. E non parliamo soltanto di minacce verbali o frasi altamente persuasive ma proprio di comportamenti e attività che il giocatore può perseguire all’interno del titolo. Proprio su Caldera ad esempio abbiamo avuto un accenno di gameplay stealth: non facendoci notare dal burocrate addetto alla gestione del magazzino, ci siamo riusciti a intrufolare nello stabile da lui sorvegliato e abbiamo messo le mani completamente indisturbati sul prezioso contenuto di una cassa.
Anche in base a quanto abbiamo potuto sperimentare nella seconda parte della nostra prova è fortissima l’evidenza del lavoro svolto da Piranha Bytes in termini di gestione dell’intelligenza artificiale e del comportamento dei personaggi non giocanti. Da questo punto di vista il franchise di Risen continua a essere l’erede spirituale di Gothic. Ogni NPC ha infatti le sue routine, reagisce al ciclo giorno/notte andando a dormire, montando le guardie, riposandosi o svolgendo il suo lavoro e soprattutto può avere scatti d’ira o mostrare grande disponibilità nei confronti del protagonista. Ad esempio sguainare una spada al chiuso, magari in presenza di guardie, vuol dire sentirsi urlare contro di abbassare l’arma. Comando che se non rispetteremo porterà gli astanti a reagire minacciandoci con il loro armamentario fino ad attaccarci concretamente inseguendoci se tentiamo di fuggire. Il sistema ha sicuramente una manciata di debolezze e risulta essere, dopo un po’ di sperimentazione, piuttosto “ingessato”. Ad esempio non è possibile uccidere una buona parte degli NPC ma al massimo ridurli in fin di vita e sparendo alla vista degli ex amici li vedremo resettarsi dopo alcuni minuti per ritornare alle loro normali faccende come se nulla fosse. È indubbio tuttavia che il risultato complessivo riesca a rendere il mondo di gioco decisamente più interessante, vivo e realistico.
Esperienza, leveling e altra roba ruolistica
Di quanto ci aspetta sull’isola di Tacarico abbiamo parlato in abbondanza nei precedenti incontri e anche se stavolta la nostra prova è stata sicuramente più lunga e approfondita rispetto al passato è probabilmente più interessante focalizzarsi sugli aspetti ruolistici di Risen 2: Dark Waters piuttosto che rischiare di finire in qualche spoiler eccessivo. Il titolo offre quindi il classico sistema a livelli con il guadagno dell’esperienza, qui chiamata gloria, legato al combattimento e al completamento di quest. Al passaggio di livello si guadagnano punti che possono essere liberamente spesi nei cinque attributi che determinano lo stile di gioco: spade, pistole, mani nude, cunning (consideratela la furbizia) e voodoo (la scuola di magia di questo sequel). Ogni attributo è quindi suddiviso in tre ulteriori talenti che possono essere influenzati attraverso l’equipaggiamento e alcuni bonus che si guadagnano andando avanti nella storia.
Il sistema delle skill segue invece a ruota quanto visto nel prequel: ce ne sono tantissime, alcune suddivise su più livelli e molte legate a requisiti di attributo. In tutti i casi comunque il giocatore potrà impararle esclusivamente trovando l’NPC dedicato che previo pagamento o completamento di una qualche quest sarà ben lieto di insegnare le sue conoscenze. In questo elenco troviamo lo stealth già citato in precedenza, la capacità di scassinare o di essere più persuasivi ma anche abilità legate al combattimento come la capacità di eseguire un una parata piuttosto che un contrattacco o rendere più rapidi gli affondi. Tra i vari menu a disposizione ne abbiamo trovato anche uno interamente legato ai collezionabili, anche questi in grandissimo numero e legati all’esplorazione del mondo di gioco anche attraverso la famigerata ricerca di tesori. Conclude il cerchio l’inventario che compensa in parte l’altrimenti assente customizzazione del personaggio da un punto di vista estetico. Rispetto al primo Risen gli slot sono aumentati e li troviamo decisamente più in linea con i giochi di ruolo tradizionali: le mani per le armi, la testa, il corpo, le gambe, gli stivali, un orecchino, un amuleto e due anelli. Non manca poi una sezione dedicata alle quest raccolte, che permette di gestire anche quelle legate alle varie fazioni, e la gestione delle mappe.
In Risen 2: Dark Waters avremo infatti da un lato una vera e propria carta nautica essenziale per spostarsi tra le varie isole dell’arcipelago (ma si tratta solo di un fast travel, non ci troveremo insomma davanti a un simulatore navale) e dall’altro le classiche mappe legate alle singole terre esplorate in cui ci possiamo avventurare. Qui si annida una peculiarità del sequel: queste carte potranno essere consultate soltanto dopo averle concretamente acquistate o ricevute come reward e saranno il nostro unico aiuto durante la fase di ricerca e completamento di una quest. Il titolo di Piranha Bytes in una ricerca estrema di realismo hardcore ha infatti pensato bene di non implementare alcun tipo di indicatore su schermo per mostrarci immediatamente il punto da seguire per svolgere una missione ma dovremo ogni volta entrare nel menu statico dedicato alla mappa per vedere dove ci troviamo, dov’è il nostro punto di arrivo e cercare di imparare a memoria strade e percorsi da seguire. Il sistema è a nostro parere veramente molto macchinoso e anche se implementato con il chiaro scopo di stimolare l’esplorazione e aumentare il senso di immersione, stride con uno standard ormai fortemente affermato, specie su console, e con alcune scelte decisamente più permissive che lo sviluppatore ha perseguito in fase di sviluppo.
Corposo e interessante è il sistema di crafting che si appoggia sulle classiche schematiche per consentire al giocatore di creare armi bianche, equipaggiamenti e pistole, raccogliendo risorse attraverso la professione di minatore o cacciatore. Quello che insomma si prospetta all’orizzonte è un’offerta veramente molto corposa anche se necessaria di valutazione più approfondita per alcune impostazioni di gameplay che non ci hanno convinto fino in fondo. Ma sapere che ci aspettano almeno 30-40 ore di gioco soltanto per la main quest fa sicuramente ben sperare.
Un po’ di sani fendenti
Spendiamo anche qualche parola per il sistema di combattimento prima di passare al lato tecnico. Risen 2: Dark Waters, come il suo predecessore, implementa un gameplay action sempre adeguatamente influenzato dalle varie statistiche. Troviamo quindi la possibilità di inanellare combo, gestire parate e schivate e usare una serie di armi secondarie come una pistola leggera o alcuni animaletti da compagnia, per colpire o distrarre al volo l’avversario tra un affondo di spada e un tiro di moschetto. Il sistema è piuttosto versatile e sembra avere anche una buona varietà grazie alla grande disponibilità di armi bianche e bocche da fuoco tra cui scegliere ma siamo rimasti un po’ freddi di fronte al basso senso di risposta dei colpi e più in generale alla quasi mancanza di feedback negli impatti. Elementi che, affiancati ad animazioni ancora piuttosto legnose e approssimative tendono a stimolare un button mashing piuttosto furioso e poco riflessivo che sembra lasciare poco spazio a tattiche di parata e contrattacco che invece un action RPG dovrebbe stimolare. Nulla da criticare sul fronte puramente tecnico con una versione PC che stupisce ancora per qualità degli ambienti esterni e della gestione di tutta l’illuminazione.
Probabilmente Risen 2 pecca ancora sul fronte delle interazioni con lo scenario ma riesce ad offrire scorci paesaggistici veramente toccanti e piacevoli soprattutto quando il ciclo giorno/notte ci mostra dei tramonti mozzafiato. Buoni anche i modelli, seppure piuttosto ripetitivi; soltanto media la qualità delle texture che si affianca tra l’altro a fenomeni di pop-in leggeri ma sempre evidenti. Dove invece non possiamo proprio usare parole di lode è in merito alla versione console provata, quella Xbox 360. Ci auguriamo di cuore che Piranha Bytes riesca nel suo obiettivo originale di portare sul mercato una conversione console all’altezza della controparte per computer ma al momento della nostra prova ci siamo trovati di fronte non soltanto a un frame rate veramente molto basso, ma anche ad una qualità grafica decisamente scarsa. Siamo tuttavia speranzosi e in qualche modo convinti che i mesi che ancora ci separano dall’uscita del gioco verranno utilizzati dallo sviluppatore per limare tutte queste incertezze tecniche anche perchè, come già detto poco sopra, da un punto di vista contenutistico Risen 2: Dark Waters sembra avere numerose frecce al suo arco per farsi amare e desiderare da tutti i fan del prequel. E probabilmente anche da qualche nuovo esploratore della penisola del Reame Perduto.
Scoglio
Non ho ancora letto l’articolo, ma se l’unica paura fosse che è tecnicamente inferiore su console (l’altra cosa non la considero un difetto), siamo apposto.