Per l’ottava casella il CST ci regala un racconto breve, ambientato a Ishtar, dove Zuben dialoga con un personaggio di cui resta ignota l’identità!
UN’OMBRA NELL’OSCURITÀ
di HerrFenrisWolf,
tradotto in inglese da HptmGrusel
Beliar ricoprì Ishtar con il suo freddo manto della notte. Il sole, la torrida maledizione di Innos sul Varant, era tramontato appena da un’ora e nella maggior parte delle case c’erano già candele o bracieri accesi, che gettavano un po’ di luce sulla strada. Anche ai margini del giardino della fortezza alcune fiamme sfavillavano da un braciere. Con aria assente il califfo allungò il braccio in una giara appoggiata al petto di una delle sue schiave e gettò un po’ del suo contenuto tra le fiamme. Le resine aromatiche si sciolsero nel braciere e un profumo corroborante si sparse nel giardino. Zuben, inspirando lentamente col naso, rimase inebriato da quelle fragranze eclettiche.
Un movimento improvviso tra le ombre fece sguainare all’istante le spade ai membri del suo corpo di guardia. Due dei soldati si precipitarono accanto a lui, mentre altri due avanzarono con cautela verso il luogo sospetto. Dall’oscurità emerse un uomo coperto da un mantello pieno di ornamenti. Sebbene quelle decorazioni fossero abbastanza comuni nel Varant, il califfo riconobbe subito l’uomo. Mentre si avvicinava al braciere in fiamme, anche i soldati riconobbero il suo volto e si rilassarono.
Zuben li congedò con un gesto: “Lasciateci soli!” I guerrieri annuirono e lasciarono il giardino, dirigendosi verso il palazzo. Sapevano che il loro signore era al sicuro in presenza di quell’uomo, forse anche di più che protetto da loro. Inoltre questa persona era la sola che fosse capace di avvicinarsi così tanto furtivamente. Persino vestito come un semplice uomo, era riuscito ad accedere all’area interna di Ishtar. Rivolgendosi alla sua schiava, l’uomo anziano disse: “Vai a prepararmi il bagno!” ed anche lei si allontanò, come ordinato.
Il nuovo arrivato fece un profondo inchino in segno di saluto. “Chiunque altro si sarebbe cambiato, indossando qualcosa di più adatto, prima di osare avvicinarsi a me. Ma non volevi farmi attendere con le tue novità, vero?” Zuben sorrise come un anziano lusingato dai dispiaceri dei giovani. “Sai che sono un uomo paziente. Ma ti fa onore aver anticipato i desideri del tuo califfo in questo modo. Perciò, non essendoci bisogno di convocarti, cos’hai da riferire?”
“Mio signore, ho viaggiato tra tutte le città del tuo reame e ho sentito diverse voci.”
“Fai rapporto, mio buon amico! Gli Orchi hanno raggiunto il Varant e hanno iniziato gli scavi come avevamo concordato. Come vanno le cose per loro?”
“Soffrono molto il caldo, ma ciononostante dimostrano un grande entusiasmo nei loro sforzi. I loro siti di scavi sono affamati di schiavi freschi, che sono stremati rapidamente da quei ritmi di lavoro.”
“E sono certo che i mercanti più scaltri della nostra gente rimangono nei paraggi di quei siti per tutto il tempo. Hanno fatto buoni affari?”
“Sicuramente molti dei tesori rinvenuti dagli orchi trovano la loro strada per il mercato locale in un modo o nell’altro. Il commercio di schiavi e artefatti sta prosperando come non mai.”
“In tal caso mi aspetto un tributo appropriato da ogni città. Ma non penso che tu sia venuto qui con solo queste banalità. Sei riuscito a scoprire quali artefatti stanno cercando gli orchi?” Questa era la domanda che Zuben si era posto fin da quando gli orchi gli avevano chiesto l’autorizzazione per effettuare degli scavi nel suo paese.
“No, signore. Sembra che neanche gli orchi lo sappiano. C’è solo una persona che conosce la risposta corretta.” Xardas. A Zuben non piaceva avere a che a fare con fattori sconosciuti.
“Ma ho raccolto delle voci. A Mora Sul si dice che i Maghi dell’Acqua siano ritornati nelle loro tribù.”
“Ho sentito che di recente i nomadi si stanno comportando diversamente dal solito. Sembra che abbiano interrotto il loro vagabondare. Il ritorno dei Maghi dell’Acqua spiegherebbe tutto quanto. D’altro canto è anche possibile che la crescente caccia agli schiavi ne sia la ragione. Ma non mi avresti riferito una simile voce se non avessi creduto che ci fosse un granello di verità in questi rapporti, mi sbaglio?”
“Naturalmente non avrei mai disturbato il grande califfo per meri pettegolezzi. Ma ci sono altre voce che sembrano confermarlo perché dicono che alcuni degli schiavi provengono da Khorinis.”
Zuben annuì. “Sì, la provincia in cui quegli sciocchi Maghi dell’Acqua imprigionarono se stessi con una barriera magica. Beh, la barriera è caduta e i Maghi dell’Acqua sono di nuovo liberi. Pensi che possano essere ritornati a bordo delle galee degli orchi, magari come schiavi?”
“No, non penso sia andata così.” Il suo interlocutore scosse la testa: “Ma i pochi schiavi provenienti dalla città costiera hanno riferito che una sola nave della flotta Myrtaniana, sotto il comando di alcuni paladini, è ancorata lì. E questa nave è salpata incredibilmente giusto prima che gli orchi conquistassero la città. Senza i paladini.”
“Interessante… che siano stati i Maghi dell’Acqua a salpare sulla nave o che sia stato qualcun altro, comunque molto interessante…” Zuben si lisciò la barba; ripensare a questa seconda voce che circolava lo mise a disagio, più del primo rapporto. “E anche se non hanno usato quella nave”, continuò, “dobbiamo tenere in conto il possibile ritorno dei Maghi dell’Acqua. Hanno avuto parecchio tempo in quella barriera per pensare al modo di tornare a casa. Chissà quale espediente hanno ideato stavolta? Ma dimmi, dove sono quegli schiavi con cui hai parlato di questa faccenda?”
Lo sguardo dell’uomo incappucciato rimase impassibile. “Li ho zittiti per sempre con un veleno e li ho spediti da Beliar.”
“Ottimo.” Il califfo sembrava avere un aspetto piuttosto giovanile considerando la sua veneranda età, solamente il suo sguardo penetrante e scaltro consentiva di indovinare approssimativamente quanti anni avesse già vissuto nel mondo.
Il suo ospite si inginocchiò e colpì la sabbia con la sua mano. “I Maghi dell’Acqua non sono importanti. I nomadi da soli non rappresentano una minaccia. Se dovessero decidere di ribellarsi, gli Hashishin stroncheranno la loro insurrezione.” Con la mano aveva modellato una tomba simbolica di sabbia.
Zuben annuì pensosamente. “Certo. I Maghi dell’Acqua per ora non sono una minaccia. Loro e i nomadi saranno comunque tenuti sotto osservazione… aspetterò e vedrò… sai che il tuo califfo è un uomo molto paziente.”
Il suo interlocutore si rialzò da terra. “Andrò a Myrtana, sulla costa.”
Un sorriso apparve sul volto dell’anziano Mago Oscuro. “E non solo per guardare gli orchi avanzare su Vengard e porre fine al mio più grande nemico. Anche il tuo rapporto su quella nave mi ha fatto incuriosire.” Ripensò alla visione che aveva avuto parecchio tempo prima. E l’umano uccise la bestia ed essa entrò nel regno di Beliar. E poi … una nave lasciava un’isola nera, e c’era una scelta da compiere. “Quando raggiungerai la costa, l’uomo di Khabir dovrebbe essere già arrivato a Capo Dun.”
L’altro uomo si inchinò per l’ultima volta e poi si allontanò dal giardino scomparendo di nuovo tra le ombre. Zuben iniziò a massaggiarsi la radice del naso con il pollice e l’indice. Il califfo aveva il mal di testa, ma neanche lui poteva dire se era l’effetto delle voci che circolavano o dell’eccessiva quantità di resina bruciata. Un bagno e la vista delle sue schiave gli avrebbero dato un po’ di sollievo, sapendo che i suoi ordini erano in buone mani.
Traduzione italiana di Colmar.
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