Calendario CSP: 19 dicembre 2021


Per il 19 dicembre il CST ci propone un nuovo racconto breve, ambientato a Trelis. Precisamente nei sotterranei del castello, che nel gioco originale consistevano in una sola stanza, ma, stando al racconto, potrebbero essere stati ampliati dal CSP!


LE CATACOMBE DI TRELIS

Trenta monete! Perché si era lasciato coinvolgere per una tale somma? “I miei peggiori stivali valgono più di trenta monete!”, esclamò Alonso. Era stato uno scoppio involontario del suo malcontento, ma lo fece trasalire perché l‘eco sembrava riportargli indietro il suo brontolare amplificato dal varco oscuro alla fine delle scale. E se all‘inizio il semplice suono l‘aveva spaventato perché non se lo aspettava, adesso tremava al pensiero di chi potrebbe averlo sentito.

O cosa.

Dentro di sé maledì Frederigo. Non aveva solo provocato quella dannata sfida, ma era iniziato tutto con lui esattamente un anno prima, se si ricordava bene. Che giornata straordinaria era stata! Quale onore! Il Conte stesso gli aveva donato la tunica verde dei soldati della Marca.”Da oggi servirai la mia casata con il tuo braccio e la tua vita“, pronunciò e il petto di Alonso si gonfiò di orgoglio quando il Conte Heron sollevò solennemente il dito e aggiunse: “Ma non solo! Sei al servizio del popolo della Marca Occidentale, i tuoi compatrioti. Servendo loro e la mia casata, servi l’intera Myrtana. Perché è la Marca che separa il popolo virtuoso di Myrtana dai crudeli Figli del Deserto, e la sola Trelis si frappone tra loro e il resto del reame. Se gli Hashishin dovessero sollevarsi ancora e se dovessero nuovamente invadere Myrtana, allora Trelis sarà ancora il baluardo che protegge il reame e spetterà di nuovo a noi, popolo della Marca, il compito di evitare che avanzino nel cuore di Myrtana. Quindi dipenderà anche da te, Alonso.
Nessun sermone ascoltato o benedizione divina ricevuta aveva mai prodotto un sentimento così sublime in se stesso. E non aveva mai sentito un fremito simile nel proprio corpo, neanche quella volta in cui il toro si era ammalato, suo padre lo aveva mandato nel villaggio del Ranger per una medicina e laggiù si era trovato di fronte il loro druido.

Ora, mentre scendeva l’ultimo gradino, avvertì di nuovo quel fremito, ma di un genere diverso. Le enormi ombre nere prodotte dalla sua torcia sul muro dello stretto corridoio gli sembravano fantasmi che allungavano le loro mani spettrali su di lui. Si muovevano in modo imprevedibile e si contorcevano. Quella vista lo immobilizzò, e così rimase completato assorbito per alcuni momenti.
Tutto d’un tratto si risvegliò dal torpore e si spostò impaurito. Erano davvero fantasmi, chiese a se stesso allontanandosi dal muro, l’avevano ipnotizzato con i loro movimenti? Ma erano solo vecchie storie! La luce era fioca e l’aver fissato il muro per così tanto gli aveva fatto lacrimare gli occhi e ronzare la testa, tutto qui. Lentamente, come se le gambe non gli obbedissero, iniziò a muoversi, dopo essersi immaginato Frederigo ridere di lui.

Immediatamente i suoi pensieri ritornarono a quel giorno, di cui oggi avevano festeggiato l’anniversario alla Scarafaggio Danzante. Era stato Frederigo a guidarlo nel castello. Non era la prima volta che entrava a Trelis: era già stato mandato dal fabbro con le falci rotte ed era andato nel piccolo tempio del castello per pregare. Ma adesso era diverso muoversi attraverso quelle fortificazioni di cui ogni abitante della Marca era orgoglioso, come se le avesse costruite da solo, sapendo che da quel momento in poi le avrebbe difese. Lui, un semplice figlio di una serva della fattoria! Per la prima volta nella vita si sentiva un vero uomo.
Ma con una risata Frederigo gli aveva fatto passare in fretta quella sensazione: “Non pensarai mica che quella tunica verde ti rende un uomo, novellino. Qui, nell’edificio principale, il nostro Conte Heron ha la sua stanza del trono, ma sono certo che lo sai. Anche mia sorella ha una tunica verde. E quando gli Hashishin arriveranno, lei sarà comunque più affidabile di un cretino come te. Ecco, qui ci sono le catacombe del castello. Stai attento, alcune persone ci sono entrate e non sono mai uscite. Se andrai laggiù, sicuramente sporcherai di piscio la tua tunica verde.” In modo sbadato e di fretta, Frederigo gli aveva mostrato gli edifici del castello. Il suo alito sapeva di vino, per cui Alonso diede poca importanza alle sue parole canzonatorie. Tuttavia le catacombe lo attirarono da quel giorno in poi.

Urlò quasi per lo spavento quando qualcosa sfiorò la sua testa. Ma subito si vergognò di se stesso. Era solo una ragnatela! Un ragno l’aveva costruita per tutto il corridoio. Cercò di farsi coraggio pensando che ragnatele così grandi nei luoghi più profondi e deserti fossero piuttosto assurde, visto che non potevano esserci così tante mosche da intrappolare. Ma il pensiero non suscitò alcun cambiamento, piuttosto se ne fece strada un altro: se solo avessi indossato l’elmo!

Non ci volle molto perché venisse mandato per la prima volta sotto l’edificio principale, invece di rimanere di guardia sulle mura o ai cancelli, o di fare la ronda nei dintorni. E cosa aveva visto? Un sotterraneo, niente di più. Un po’ scuro, un po’ freddo, ma tutto qui. A nessuna guardia piaceva l’incarico di sorvegliare quei corridoi, non per paura, ma perché era un compito noioso e sgradevole. Neanche a lui sembrava particolarmente importante.
Certo, Trelis era ricca. Ma quale ladro avrebbe osato penetrare quelle profondità? E comunque non sarebbero bastate le guardie nel cortile a tenere fuori gli intrusi? Comunque non aveva mai provato timore quando sorvegliava laggiù forzieri e barili, sacchi dove era immagazzinato il grano di molte fattorie della Marca.

Ecco un rumore! Un tenue graffiare proveniva dall’oscurità davanti a lui. O l’aveva solo immaginato? Sì, era sicuramente così! Cercò comunque di rallentare i battiti del suo cuore con questo pensiero, mentre teneva una mano sul muro come se cercasse qualcosa a cui aggrapparsi. Rimpianse subito di aver guardato il muro. Trasalì, perché questa volta pensava di aver visto più delle ombre danzanti proiettate dal fuoco della torcia. La sua mano libera si diresse verso la cintura, ma, nonostante sapesse esattamente dove fosse appesa, nonostante si fosse esercitato così tanto a estrarla velocemente, le sue dita non riuscivano a trovare l’elsa della spada. Quando finalmente si chiusero intorno ad essa, Alonso esitò e invece di estrarla, guardò di nuovo il muro di fronte.
Dovette rimproverarsi di nuovo per il suo terrore. Era solo immagini! Personaggi, figure, persone, animali, a malapena riusciva a distinguerli e non solo a causa della luce fioca, ma anche perché il dipinto era così rovinato che persino la luce del sole avrebbe dato solo una vaga idea di come appariva quel passaggio secoli prima. Quanto era antica quella galleria? Sicuramente più antica di Trelis stessa.

Aveva udito storie sulle catacombe del castello prima di unirsi alla guardie, prima ancora di aver messo piede nella fortezza. Le madri nella Marca ne parlavano ai bimbi per mandarli a letto e le guardie del castello spaventavano i contadini sottolineando quanto le gallerie fossero state scavate in profondità nelle viscere della terra, mentre bevevano vino allo Scarafaggio Danzante.
Alcune così in profondità, fino al reame di Beliar!“, ricordava le parole della nonna e poteva vedere ancora il suo volto rugoso davanti a lui, volto di cui aveva chiuso gli occhi per sempre alcuni anni prima. Vecchie leggende, si rimproverò ancora. Alcune potevano essere vere: alcuni dei passaggi sotto Trelis erano più antichi del castello stesso, resti delle strutture di tempi lontani. E i livelli inferiori erano raramente usati. Ma questo non significava che fossero un luogo infestato o un passaggio fino al reame di Beliar, che non esisteva comunque!

Di nuovo! Stavolta aveva udito chiaramente graffiare. No, era impossibile ignorarlo come immaginazione. Fece una pausa, esitante. Sarebbe potuto tornare indietro, disse a se stesso. Dopotutto, era sceso abbastanza in profondità… Ma no, doveva procedere, fino alla fine del passaggio! Era una questione d’onore, di virilità. Avrebbe dimostrato a Frederigo di non essere un codardo. Di sicuro si trattava solo di ratti.

E se fosse un ratto gigante? Sapeva che a Khorinis c’erano ratti quasi delle dimensioni di un lupo. Una volta uno si era intrufolato su una nave ormeggiata a Trelhaven. Erano arrivate le guardie, che avevano circondato e trafitto il ratto con le loro lance. Ma era pieno giorno ed erano in cinque. Laggiù, non voleva incontrare bestie simili….

Si chiese se qualcuno fosse stato lì da quando avevano sepolto il vecchio conte, che era morto nella guerra del Varant. All’epoca Alonso non era neanche nato. Certo, solo pochi si erano recati nei livelli più sotterranei delle catacombe, dove non c’erano le provviste di grano e formaggio, ma buon vino e infine l’oro del conte. E dove c’erano le segrete, in cui i conti rinchiudevano i loro prigionieri. Ma Alonso era stato troppo poco al servizio del conte per ricevere incarichi di sorveglianza laggiù, dove tesori e criminali erano privati della luce del giorno. Oramai aveva superato quel livello ed era arrivato dove riposavano gli antenati del conte. E a meno che non fosse sepolto qualche familiare della casata attuale, nessuna anima viva probabilmente era mai stata lì.

C’era un passaggio. L’avrebbe attraversato poi sarebbe tornato indietro. Sì, decise Alonso, avrebbe fatto così. E che andassero tutti da Beliar. Aveva dimostrato più che abbastanza! Quella notte voleva festeggiare l’anno di servizio di guardia, non trovarsi in un sotterraneo impolverato e pieno di insetti! Maledì Frederigo e la sua sbruffonaggine. “Non pensare di essere un uomo più di quanto lo fossi un anno fai!” aveva detto ridendo. “Sei rimasto un po’ di guardia sulle mura, hai controllato le fattorie e hai cacciato alcuni goblin. E quindi? Io ho combattuto gli Hashishin durante la guerra. Tu non sei neanche andato nelle catacombe sotto al castello. In quelle vere, non nel magazzino sotterraneo, dove sei a malapena sottoterra.

Chi osa disturbare la mia quiete? Chi osa risvegliare il demone di Beliar?

La terribile voce che tuonò, appena varcò la soglia, lo spaventò così tanto da fargli cadere la torcia, che subito si spense. Ma rimase tutto buio solo per un breve momento, poi improvvisamente si aprirono due terribili occhi davanti a lui. Il loro bagliore gli fece intravedere un’ombra alta e con due corna deformi sulla sua testa. Alonso emise un urlo come un’arpia colta di sorpresa e sentì qualcosa di umido e caldo scivolargli sulle gambe. Per un attimo rimase paralizzato, perché le sue gambe non gli obbedivano, per quanto tentasse di staccarle dal suolo, poi nulla poté fermarlo.

La fuga dai sotterranei di Trelis sembrò durare un’eternità. Corse e inciampò al buio, urtando muri, cadendo da scalini, scorticandosi le mani, finendo in vicoli ciechi e girando in cerchio, col pensiero fisso di essersi perso, ma sempre di corsa, perché se anche si fosse perso, credeva sempre di sentire il respiro del demone sulla sua nuca.

Ma miracolosamente trovò il modo di tornare in superficie. Il cielo blu della notte, le innumerevoli stelle nel firmamento, sembrava quasi giorno se paragonato all’oscurità da cui era appena fuggito. Ansimando, crollò davanti ai suoi compagni, in piedi o seduti intorno alle scale del sotterraneo, che avevano trascorso il tempo con alcolici e canzoni volgari. Tuttavia non sembravano scossi dal suo volto pallido, dai suoi occhi sbarrati e dalle sue parole, pronunciate con le ultime sue forze, “Un d-demone!“. Ridevano e basta.

E poi udì una risata anche dietro di sé. Un uomo che indossava la sua stessa tunica verde salì le scale. Aveva un aspetto ridicolo con le corna di bestie d’ombra e due cristalli brillanti posizionati sul suo elmetto. Frederigo si piegò verso di lui e gli diede una pacca sulla spalla. “Davvero coraggioso, hai avuto il fegato di scendere laggiù e risvegliato il demone!”. La testa di Alonso si voltò e udì la risata dei presenti attutita, come se fosse lontana. Sentì Frederigo passargli una bottiglia di vino. “Ma non diventerai un uomo finché non avrai incrociato la spada con un Hashishin, novellino. Per ora sei ancora un poppante che si bagna i pantaloni.

Alonso non doveva diventare un uomo quella notte. Il secondo anniversario del servizio di guardia gli diede la possibilità di farlo, quando gli Hashishin invasero il passo e una delle loro frecce gli costò un occhio.


Traduzione italiana a cura di Marco “Colmar” Colombo.


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