Calendario CSP: 22 dicembre 2016


Nella ventiduesima casella il CST ci regala un nuovo racconto breve… beh insomma non così breve, come potete vedere voi stessi!


PROVA DI CORAGGIO

“Ti ho già mostrato lo zaffiro che Nahur mi ha dato in dono?”

“Sì, Meryam, già tre volte.”

“Ma guardalo. Hai mai visto una gemma così grande e bella? Ma la sua bellezza svanisce…”

“…svanisce se paragonata alla tua bellezza. Ecco cosa disse Nahur. Me l’hai già detto. Tre volte.”

“Ma guarda come brilla alla luce del sole. Scommetto che è costata al mercante dereubato da Nahur una piccola fortuna.”

Ankyor fece una smorfia. Quella avrebbe mai smesso? Stava disegnando con le dita nella sabbia, mentre le due donne conversavano. Se si poteva chiamare conversazione. Aveva tentato di non ascoltarle.

“Oh, Sulamith, eccoti!”

Non appena venne menzionato il suo nome, lo sguardo di Ankyor scattò verso l’alto. Sì, eccola! Una giara sulla testa, tenuta in equilibrio con la sua mano sottile. I capelli erano leggermente mossi dal venticello che soffiava dalle dune; quei meravigliosi boccoli scuri, che voleva disperatamente sentire tra le dita almeno una volta. E tra di essi il volto più bello che egli avesse mai visto prima. Come sempre Sulamith aveva un’aria amichevole e abbozzò un sorriso. E come sempre egli non poté fare a meno di sorridere quando la vide.

“Ti ho portato un po’ d’acqua.”

“Molto bene. Forza andiamo, avevi detto che mi avresti aiutato a mungere le mucche.” L’interlocutrice di Meryam sembrò piuttosto sollevata, prese il braccio di Sulamith e la trascinò via. “Tua sorella mi ha appena raccontato di nuovo il suo argomento preferito.”

“Oh.” La tristezza negli occhi di Sulamith ferì un po’ Ankyor. Non era a causa sua, lo sapeva. Quando lei si voltò e guardò nella sua direzione, egli abbassò lo sguardo sulle linee nella sabbia.

“Potresti essere un po’ felice per me!” sentì Meryam lamentarsi.

“Lo sono davvero, sono proprio felice che…”

“Risparmiatelo! So che non mi auguri buona fortuna!”

Ankyor diventò furioso. La rabbia era un’emozione che provava sempre di più ormai da un po’ di tempo. Rabbia inutile. Voleva proprio andare lì e sgridare Meryam perché non poteva parlare in quel modo a Sulamith. Ma che figura avrebbe fatto?

“Oh, mi fa piacere trovarvi entrambe qui.” Ankyor alzò di nuovo lo sguardo. La voce apparteneva a Ayitos. Cosa ci faceva lì? Anche Meryam, Sulamith e la sua amica sembravano un po’ sorprese del nuovo arrivato.

“Padre.” Sulamith abbassò la testa con deferenza. “Cosa possiamo fare per te?”

“Potete pregare per me. Per me e per tutti gli altri che seguiranno il nostro sceicco.”

Sulamith alzò le mani in segno di sconforto. Anche Meryam sembrava un po’ sulla difensiva. “Seguire? Dove, padre? “

“Fino a Braga. Stanotte.”

Queste parole fecero sedere Ankyor e attirarono la sua attenzione. A Braga? Perché non sapeva niente di tutto questo?

“Avete intenzione di attaccare la città?” Chiese Meryam. “Ma io pensavo che avremmo levato le tende e ce ne saremmo andati.”

“È proprio quello che intendiamo fare. Ma lo faremo perché il nostro clan non sarà al sicuro qui a partire da domattina. Non attaccheremo l’insediamento ma intendiamo infiltrarci nella casa del loro capo. Ruberemo il suo oro e libereremo i suoi schiavi. Ed uccideremo Tufail nel sonno se ci riusciremo. Il tuo promesso sposo ci accompagnerà, Meryam.”

Ankyor saltò su e iniziò a correre. Dopo pochi passi, si rese conto che quel comportamento poteva apparire un po’ strano e avrebbe rivelato che aveva origliato. Ma era troppo tardi. Quel pensiero lo fece incespicare quando il suo piede trovò una piccola pietra, ma si riprese e continuò a correre.

Senza fiato si precipitò nella tenda di suo padre.

Asaru alzò lo sguardo. Gli altri uomini seduti con lui in cerchio fecero lo stesso. Ankyor vacillò quando lo sguardo severo del padre si rivolse a lui. “Cosa c’è?” chiese lo sceicco.

“Beh,. io …” proprio in quel momento Ankyor si rese conto di dove si trovasse e di chi fosse il suo interlocutore. Rapidamente chinò la testa. “Ti prego di scusarmi, padre. Ho sentito che ci sarà un attacco a Braga.”

“È esatto. E quindi?”

“Io…” Deglutì, si schiarì la gola e deglutì di nuovo. La domanda “Perché non sono stato informato di nulla?” proruppe dalla sua bocca.

“Perché non c’era alcuna ragione per farlo.” rispose lo sceicco. “Ed ora fuori di qui. Stiamo pianificando il nostro assalto.”

Si guardò intorno. C’erano i suoi due fratelli maggiori. C’era Marcus. E lì, Nahur. Ankyor si morsicò le labbra. “Loro verranno tutti con te?”

“Sì, ecco perché sono qui.”

“Voglio combattere pure io!”

“Giovane uomo, la tua brama di azione ti rende onore, ma non essere sciocco.” Disse Marcus.

Nel frattempo suo padre corrugò le sopracciglia. Un leggero segno di impazienza apparve sul suo volto. “Se avessi pianificato di portarti con me, ti avrei mandato a chiamare, come ho fatto con i tuoi fratelli.”

“Ma padre, anch’io sono capace di combattere! Proprio come loro.”

“Ci introdurremo furtivamente nell’insediamento dei nostri nemici nella notte più cupa. Deve procedere tutto rapidamente. E se fossimo scoperti dovremo combattere per sopravvivere. Non porterò nessuno così giovane e inesperto.”

“Ma…”

L’impazienza sul volto di Asaru si trasformò in rabbia. “Stai mettendo in discussione la decisione del tuo sceicco? La decisione di tuo padre?”

“Io . no. ma …” Ankyor chinò la testa. “Ti prego di perdonarmi, padre. Ti ho mancato di rispetto. È solo che …” Il suo sguardo si volse di nuovo verso Nahur, che sedeva a gambe incrociate accanto ai suoi fratelli. “Voglio mettermi alla prova. Voglio fare qualcosa per il clan.”

“Allora prenditi cura della mandria. Partiremo domani all’alba. Per le montagne. Dopo la nostra incursione, il clan non potrà rimanere in quest’oasi così vicina a Braga. Vuoi fare qualcosa? Allora dai una mano con la mandria.”

“Ma…”

“Fuori! Ci hai disturbato più che abbastanza. Non replicare un’altra volta.”

Ankyor tremava per la rabbia mentre lasciava la tenda. Impotente serrò il pugno più volte. I suoi fratelli avevano il permesso di combattere, ma lui era troppo giovane! Non aveva neanche potuto accompagnarli nell’attacco ai mercante di Ben Erai. Lì Nahur aveva ottenuto come bottino quel zaffiro che aveva dato a Meryam per la loro promessa di matrimonio. Solo Adanos poteva sapere cosa avrebbe ricavato o fatto oggi Nahur per primeggiare.

Cercò di calmarsi. Non importava cosa Nahur avrebbe portato con sé da Braga. Difficilmente avrebbe chiesto anche la mano di Sulamith. Per lo meno non prima di sposare Meryam.

Ma comunque! Serrò di nuovo i pugni. Era stata una sorpresa capire che Sulamith aveva occhi solo per Nahur, anche ora che egli aveva scelto Meryam. All’inizio Ankyor era stato piuttosto felice. Non era un segreto che entrambe le figlie di Ayito avevano posato gli occhi su Nahur. Per un po’ di tempo le donne, mentre mungevano o prendevano l’acqua, non avevano parlato di altro: quale delle due avrebbe scelto e avrebbe ricevuto lo zaffiro. Per alcune notti Ankyor non era riuscito a dormire per il timore di perdere Sulamith. Ma la scelta di Nahur a favore di Meryam – una scelta che Ankyor, pur soddisfatto, non avrebbe mai potuto comprendere – era stata solo un piccolo sollievo. Finché non aveva visto la frustrazione e il dolore sul volto di Sulamith.

Se solo fosse un grande guerriero e cacciatore come Nahur! Se solo riuscisse a portare a casa pelli di squartatore e tesori saccheggiati. Sulamith avrebbe dimenticato Nahur, ancora di più perché egli aveva scelto sua sorella. Ma come poteva lei prestargli attenzione in quel modo?

Per il resto del giorno rimase sopraffatto da questi cupi pensieri. Aiutò a radunare la mandria e la preparò per la partenza. Una ad una le tende vennero smontate. Ceste, vasi e botti vennero impilati. Erano tutti occupati. Egli svolse il suo lavoro meccanicamente senza pensarci troppo.

Giunse la notte, Asaru e i suoi uomini scelti partirono per la vicina città degli Hashishin. Esaltanti aspettative e paura circolavano nel campo. Riordian, il loro Abu, che era appena ritornato dopo molti anni, li guidò in preghiera. Ma Ankyor non riusciva a non pensare a Sulamith. A Nahur. A suo padre. Al fatto di trovarsi seduto al sicuro e non poter dimostrare di saper combattere, come anche di saper difendere il proprio clan.

Asaru e il suo piccolo reggimento ritornarono poche ore prima dell’alba. La loro incursione era stata un completo successo. Nonostante fossero riusciti solo a infiltrarsi nel piano terra dell’edificio principale e perciò non avevano trovato Tufail, il consigliere della città, avevano ricavato come bottino un’enorme quantità di oro e avevano liberato una schiava, una donna di nome Aila. Gli uomini e le donne del clan celebrarono i loro eroi, ma Asaru interruppe i festeggiamenti poco dopo il ritorno, perché non c’era tempo da sprecare. Ankyor non era comunque dell’umore di festeggiare ed era rimasto ai margini della folla che aveva circondato il guerriero di ritorno e la schiava liberata.

Se solo suo padre l’avesse portato con sé! Sarebbe sgattaiolato al piano superiore e avrebbe ucciso il padrone di Braga nel suo letto. Così pensava, mentre Beni Asarus procedeva lentamente con il sole che sorgeva alla loro spalle sulle montagne di Ben Hasha. Il grosso ramo, che usava come bastone da pastore, era appoggiato alla sua spalla ed il suo sguardo era rivolto verso il basso, verso il terreno. Non stava prestando attenzione al bestiame che procedevano accanto a lui. I suoi pensieri ruotavano ancora intorno a Braga. Se solo gli avessero dato un’occasione. Avrebbe dimostrato a tutti il proprio valore. Avrebbe dimostrato a Sulamith che Nahur non era l’unico guerriero impavido. Naturalmente suo padre non gli avrebbe mai permesso di salire al piano superiore, anche se l’avesse portato con sé. L’avrebbe avvisato di essere prudente e gli avrebbe ordinato la ritirata. Ma questo non sarebbe bastato per fermarlo. Si sarebbe precipitato al piano superiore ed il successo avrebbe provato che alla fine aveva ragione. Avrebbe fatto ciò che ovviamente nessun altro, neanche Nahur, era riuscito a fare. Quanto poteva essere difficile uccidere un uomo nel sonno? Ma forse, pensò, forse Tufail non sarebbe stato addormentato. Magari il padrone di Braga l’avrebbe aspettato, con un ghigno in volto. Non erano così tutti gli Hashishin, un po’ perfidi? Sia quel che sia. L’avrebbe ucciso sia nel sonno sia da sveglio. Se solo suo padre gli avesse dato l’occasione di vincere Tufail in battaglia. Ankyor non sapeva quale fosse l’aspetto del padrone di Braga. Probabilmente era piuttosto alto. “Ehi!” Sì. alto e forte. Dopotutto gli Hashishin sceglievano come capo il migliore tra di loro. Sicuramente era più alto di tutte le sue guardie. E quel ghigno sul suo viso in attesa di Ankyor, non c’era forse altro? Sì, crudele, ecco com’era il suo ghigno. Il sorriso di un uomo che aveva ucciso molti nomadi nella sua vita e si era divertito a farlo. “Ankyor!” E i suoi occhi… Sicuramente aveva gli occhi fiammeggianti di un demone! Era un servitore dei Maghi Neri, chi poteva dire con quali poteri era coinvolto. “Stai attento! Là!” Ma Ankyor non avrebbe permesso a nulla di intimidirlo, mentre affrontava quel demone sotto l’aspetto di uomo. Gli avrebbe dimostrato come un nomade fosse capace di combattere! “Ehi, Ankyor, attento!”

La voce di diversi mandriani, che camminavano dall’altro lato della fila, lo risvegliarono dal suo sogno ad occhi aperti. Un po’ confuso guardò al di là del bestiame verso il punto di origine delle urla, ma i mandriani gli indicarono la direzione opposta. Gli occhi di Ankyor seguirono le dita dei mandriani e videro che cosa intendevano. Una delle mucche aveva lasciato la mandria e masticava una radice cresciuta all’ombra di un muro in rovina. Non si era reso conto che avevano già raggiunto il margine delle rovine.

Repentinamente si incamminò verso l’animale per riportarlo nella mandria. All’improvviso qualcosa si mosse nel passaggio ad arco. Un momento dopo risuonò una disperata richiesta di aiuto, quando i denti affondarono nella zampa della mucca.

Ankyor indietreggiò un po’, ma la lucertola l’aveva già avvistato. Fu una fortuna per la mucca che zoppicò indietro, il più velocemente possibile per un animale con una zampa ferita. Ma non lo fu altrettanto per lui. Il grande rettile avanzò lentamente e sibilando in modo minaccioso. Ankyor tenne il suo ramo davanti al petto in posizione di difesa e notò con un po’ di terrore che le sue mani stavano tremando. Ora la lucertola si trovava direttamente davanti a lui. Un rapido balzo e la bestia avrebbe affondato i denti nella sua carne.

Una lancia lampeggiò nel suo campo visivo da destra. La lucertola sibilò furiosa e scattò di lato. La forza di questo movimento strappò via la lancia, conficcata nella pelle della lucertola, dalle mani del suo proprietario che indietreggiò un po’ alla volta. Ma la lucertola era già su di lui. Senza prestare attenzione all’arma ancora conficcata nel suo dorso, avanzò verso il nuovo bersaglio. Ma questo aveva già impugnato la sua spada. La lama brillò alla luce del sole per un breve momento. Brillò come aveva fatto lo zaffiro di Meryam. Ankyor non sapeva spiegarsi perché stava pensando al gioiello in quel momento. Ma un attimo dopo era tutto finito.

“Stai bene?”

Ankyor volse lo sguardo dalla testa decapitata della lucertola verso l’uomo che stava di fronte a lui, verso la lama che nelle sue mani non brillava più, e non assomigliava più ad un zaffiro, quanto piuttosto ad un rubino rosso, e di nuovo verso il volto dell’uomo.

“Beh, …sì, ora è tutto a posto…”

“Sei stato fortunato. Qui vicino alle rovine bisogna stare molto attenti.” Nahur indicò con la spada il muro dietro di loro. “Forza, diamo un’occhiata alla mucca.”

La ferita nella zampa dell’animale non era profonda. Non sarebbe morta per questo. E con l’aiuto di Adanos, sarebbe sopravvissuta al resto della marcia. Ma il morso della lucertola riservava un altro pericolo. Malattia. E il loro Abu, che li avrebbe potuti aiutare con le sue pozioni, non era più con loro. Ankyor non l’aveva notato alla loro partenza, ma per qualche motivo il Mago dell’Acqua era rimasto indietro e non si sarebbe riunito a loro se non più tardi. E proprio ora una delle mucche doveva essere morsicata da una lucertola!

Lo sceicco Asaru non fu contento di tutto ciò. Ma Ankyor riusciva a pensare solamente ad una cosa, mentre suo padre dava libero sfogo alla sua furia: se solo avesse avuto una lancia come Nahur, invece di un inutile pezzo di legno come il suo, allora avrebbe ucciso da solo la lucertola prima che potesse attaccare la mucca. E giurò a se stesso una cosa: avrebbe ottenuto una lancia simile. Ed avrebbe dimostrato il suo valore, in modo che suo padre avrebbe, anzi sarebbe stato obbligato a portarlo con sé quando sarebbero andati a combattere gli Hashishin la volta successiva.

Traduzione italiana di Colmar.


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