Il caldo tocco dei raggi di sole, le foglie che cadono lentamente dagli alberi ed il movimento regolare del traffico della Ruhrallee accompagna questo venerdì pomeriggio di fine ottobre ad Essen. Don Esteban e Tim Andersson si trovano davanti all’edificio numero 63: da fuori sembra una normalissima abitazione residenziale della zona, non darebbe nell’occhio, se non si sapesse che all’interno della casa si sia stabilito uno degli sviluppatori tedeschi di maggior successo. I Piranha Bytes. Perché siamo qui? Per poter dare un’occhiata con calma a Risen 2, al suo stato attuale di sviluppo. Il gioco sembra perfetto per una partita in tranquillità e anche in casa Piranha sembra regnare la calma invece del solito movimento. Risen 2 è in uno stato piuttosto avanzato, la maggior parte dei collaboratori sono nelle vacanze e buona parte delle stanze è vuota. Chi conosce la storie del temuto “crunch-time”, lo stressante periodo che precede il rilascio di un gioco in cui tutti gli sviluppatori sono chiamati a fare orari mostruosi per sette giorni alla settimana, si meraviglia della calma in questo ufficio. Sembra che i Piranha siano stati in grado di navigare tranquillamente in porto la loro nuova creatura, grazie ad una pianificazione attenta. Purtroppo buona parte della ciurma solita è assente: Björn e Jenny sono impegnati con la loro nuova impresa, cioè occuparsi della prole, Mike è in ferie ed anche Stefan si sta godendo un breve periodo di pausa. Solo Mattias ancora è strenuamente impegnato, assieme ad alcuni grafici. D’altra parte erano presenti anche diverse facce nuove. Ma basta parlare, passiamo al vero motivo della nostra visita: Risen 2!
Un nuovo gioco per vecchi PC
Io, Tim, inizierò questo articolo, per cedere la parola poi a Don Esteban. Cominciamo col dire che i Piranha ci hanno messo a disposizione due computer, delle vecchie “macine” dall’esterno, ma piuttosto potenti che ci hanno lasciato giocare a Risen 2 al massimo della risoluzione senza problemi. L’introduzione è molto riuscita ed il primo filmato renderizzato è molto ben fatto, per cui i primi secondi delle mie 6 ore di Risen 2 già sembravano promettenti. Il luogo dove si svolge il prologo è Caldera, una città portuale del vecchio mondo e ultimo bastione della difesa degli uomini. A causa degli attacchi dei titani, la città è duramente colpita e le zone ancora vivibili sono poche. Il nostro eroe ha un aspetto splendido nell’armatura dell’Inquisizione, ma lo accompagna un pregnante odore di alcol visto che si dedica spesso e volentieri al consumo di rum. A Caldera facciamo la conoscenza del comandante e di alcuni ufficiali dell’Inquisizione, che ci assegnano il compito di viaggiare verso Takarigua — l’isola che si poteva visitare durante la demo al GamesCom — ma non da soli. La dolce donzella di nome Patty ci accompagna. Tuttavia, se prima si indossava l’armatura da inquisitore, ora si hanno a disposizione solo un paio di stracci: la successiva parte del gioco dovrebbe essere ben nota dalla demo e dalle preview già viste (oppure se avete provato il gioco al GamesCom), per cui non parlerò di Puerto Sacarico, prima città dell’isola e sede del governatore, per parlare invece dell’accampamento dei pirati, luogo dove dovrebbe trovarsi il leggendario capitano Barba d’argento, padre di Patty e terrore dei mari.
Come solito, all’ingresso al campo si viene intimati ad andarsene ed è necessario trovare un altro modo per accedere, ad esempio passando per la spiaggia. Il centro dell’accampamento è rappresentato dal locale di Booze, dove si scolano bottiglie di rum ed altri alcolici. Dopo aver parlato brevemente con Barba d’argento, si scopre che è possibile far parte della sua ciurma. Ma non è così facile, ed il rapporto di intimità con Patty (di cui parlerò dopo) non vi aiuta. A questo proposito mi piace raccontare una scenetta che raccoglie bene lo spirito del gioco: quando dei novellini entrano a far parte della ciurma, è usanza che i detti novellini possano dare l’ordine di levare l’ancora. Patty è decisa a partire ed esorta l’eroe a dare l’ordine, ma la sua frase è lievemente ambigua e l’eroe la interpreta a suo modo, pensando che Patty voglia rimanere sola con lui. Rimaniamo un po’ delusi scoprendo che non è così in realtà, ma la ragazza aggiunge nella frase successiva che “quando saremo al largo troveremo sicuramente un posticino appartato per noi due”. La cosa interessante è che gli altri membri dell’equipaggio vengono a sapere del rapporto che c’è tra Patty e l’eroe e daranno i loro commenti, anche sui propri partner. Queste chiacchiere vengono scambiate in più occasioni durante tutto il gioco e sono veramente divertenti da seguire, siccome si sviluppano in veri discorsi con dei contenuti di interesse, al contrario della semplici frasi d’ambiente che venivano ripetute nei precedenti giochi Piranha.
…e una bottiglia di rum!
Leviamo l’ancora e ci dirigiamo verso un mondo sconosciuto. Purtroppo a questo punto non posso rivelarvi più molto… soltanto che è maledettamente divertente continuare a giocare. Ok, magari è una cosa un po’ cattivella da dire. Posso solo aggiungere, visto che se ne è parlato sui forum, che gli indigeni di Arborea avranno effettivamente una loro lingua. Sebbene non riesca a riprodurla in nessun modo vocalmente, suona esattamente come ci si aspetterebbe da degli abitanti della giungla. L’eroe non potrà mai apprendere questa lingua nella forma di “spendi 5 punti per comunicare con gli indigeni”, bensì comincerà a capire in maniera automatica singole parole e spezzoni dei dialoghi degli indigeni, cercando di determinarne il senso logico ed il significato. Trovo che sia una cosa realizzata in maniera molto intelligente, perché molto realistica. Ci si ricorda di suoni e termini che vengono utilizzati spesso insieme, ricordandoli quando vengono utilizzati di nuovo in un altro dialogo e quindi capendo l’oggetto o l’azione ai quali si fa riferimento.
Questo è tutto da parte mia. Cedo la parola a Don.
Ora che Tim è partito verso la grande avventura da Takarigua, alla ricerca di altri pirati ubriaconi, indigeni dalla lingua incomprensibile e tutta una serie di terribili e strani mostri, mi presento anch’io a voi dalla plancia della nave dei pirati. Scorgo appena la sottile linea della terra del sud Arborea, dove abitano i selvaggi che non vogliono avere niente a che fare con la benedizione dell’Inquisizione. Proprio questi benefattori da Caldera che danno loro del lavoro, ad esempio nelle piantagioni di canna da zucchero di Takarigua. E questi, invece di ringraziarli per avere un lavoro piacevole al sole ed all’aria fresca, si lamentano e preferiscono tornare a casa. (Questo era già visibile nella demo del GamesCom.) Ora andiamo a visitarli a casa loro, ma prima un’ultima parola sulla struttura del gioco: mentre a Caldera si passa poco tempo, appena il necessario per scoprire l’inizio della storia, Takarigua funge pressapoco da “isola-tutorial”. Oltre a quanto visto nella demo del GamesCom, su Takarigua si fa anche la conoscenza dei pirati e si diventa parte della crew di Barba d’argento come già descritto da Tim. Il vecchio capitano però non è un ingenuo e non accetta il primo arrivato, anche se arriva accompagnato da sua figlia. Dunque ci aspetta il compito di sconfiggere alcuni membri dell’equipaggio in una gara di bevute, ritrovare un carico di rum trafugato da delle termiti ladresche, ritrovare i loro tesori sepolti con grande cura (già visto ne “La notte del corvo” e “Risen” del resto) oppure scoprire traditori infiltrati nella ciurma. Traditori? Ebbene sì, neanche i pirati sono un blocco monolitico e — anzi — i vari capitani sono divisi in varie fazioni nemiche. Non ci si può fidare di nessuno. Proprio questo determina un’altra parte importante della trama, in merito alla quale però sarò silenzioso come un pappagallo morto. Parola di pirata.
Ho già menzionato la gara di bevute? Uno dei mini-giochi più divertenti, tra i tanti. Come si svolge? Il giocatore si siede al tavolo, davanti a lui vengono disposte sei bottiglie di superalcolici. La stessa cosa vale per l’avversario che si siede di fronte a lui. Ora si tratta di scolarsi le sei bottiglia prima dello sfidante. Sembra facile? Ha! Non sapete cosa significa riempirsi di alcol, evidentemente! Già dopo le prime bottiglie lo sguardo è così annebbiato, le bottiglie così sfocate ed i movimenti così confusi (ossia, il controllo del mouse è talmente impreciso) che nel giro di pochi istanti si fanno cadere le restanti bottiglie mentre si cerca di afferrarle, perdendo un mucchio di prezioso tempo. Un altro mini-giochi interessante è il tiro con l’archibugio: inizialmente è addirittura un gioco gratuito, perché non bisogna pagare per le proprie pallottole, a differenza dei superalcolici del primo mini-gioco. Degli oggetti vengono tirati in alto e lo scopo del giocatore è romperli con un colpo di fucile. I giocatori esperti di sparatutto in prima persona non avranno difficoltà ad affrontare il gioco, ma si tratta in ogni caso di un intermezzo divertente. Dopo un paio di quest piuttosto interessanti e poco monotone, che possono essere risolte in vari modi molto nello stile dei Piranha — tra l’altro sono tutte piuttosto difficili, ma mai ingiuste — finalmente il vecchio Barba d’argento è soddisfatto e possiamo salpare, lasciando Takarigua assieme al resto della ciurma di pirati.
Vedo gente vera
Per poter portare a termine gli incarichi che ci assegna Barba d’argento è opportuno apprendere almeno un paio di abilità. Come funziona? È un sistema un po’ diverso da quello di Risen. Prima di tutto ci sono i talenti, che si suddividono in 5 gruppi: lame, armi da fuoco, brutalità, scaltrezza e *bip*… un quinto gruppo, appunto. Questi talenti vengono migliorati autonomamente dall’eroe stesso, sfruttando i punti esperienza, o meglio, i “punti fama”. Questi punti vengono raccolti svolgendo quest e stendendo avversari, come solito. Quando si ha raggiunto un numero sufficiente di punti fama è possibile migliorare il livello di un talento, così su due piedi. Oltre a questi ci sono anche le abilità vere e proprie: queste, come è usuale, vanno imparate presso degli insegnanti che esigono dell’oro in cambio. In aggiunta, alcune abilità richiedono un certo livello di talento: ad esempio, il contrattacco per le armi da taglio richiede che il talento delle lame sia al livello 1. Chi raggiunge il secondo livello del medesimo talento potrà sbloccare un insieme ulteriore di abilità. Sempre se ha i soldi necessari. Si inizia con il contrattacco e si passa poi ad altre abilità offensive come l’attacco violento, l’abilità da maestro di lama e così via. Con un buon talento di scaltrezza sarà possibile apprendere l’uso di vari trucchetti sporchi in combattimento. Oppure sarà possibile sfruttare un pappagallo, per confondere l’avversario. Oppure sfruttare una scimmietta addestrata per depredare le case. Date queste occasioni, quali pirata preferirebbe combattere in maniera onesta? Tra l’altro, ci sono anche diverse abilità legate al mondo delle armi da fuoco.
Ma chiudiamo con i discorsi teorici. L’avventura chiama! Quando il giocatore incontra degli indigeni, dopo un paio di ore di gioco in mezzo alla giungla di Arborea nel secondo capitolo della trama (che, nota a margine, si biforca in più sotto-trame grazie alla possibilità di completare alcune missioni in diversi modi), a dire dei Piranha Bytes ci si trova ancora appena all’inizio del gioco. Si giunge al primo apice della storia, vengono introdotti gli antagonisti, si acquisiscono le prime abilità e si esplorano fantasiosi paesaggi selvaggi. Nel terzo capitolo il mondo si schiude: tutte le isole sono sbloccate e possono essere esplorate in qualsiasi ordine. Risen 2 a quel punto diventa una specie di “open world game”, nel quale il giocatore può decidere liberamente dove dirigersi e dove navigare. Proprio questo è il principio, detto de “l’imbuto al contrario”, che è stato spiegato in diverse interviste e preview: mentre nel primo Risen le possibilità ad inizio gioco sembravano immense e queste venivano lentamente costrette e ripiegate verso il finale della trama a fine gioco, in Risen 2 sembra avvenire il contrario. Inizialmente il giocatore si aggira nello spazio confinato di Caldera e scopre le meccaniche di gioco, poi gode della libertà di esplorare l’intera isola a Takarigua, e solo successivamente potrà esplorare addirittura il mondo intero come più gli aggrada. Questo significa che il giocatore verrà “condotto per mano” inizialmente, ma non in maniera invasiva. Da questo punto di vista è d’aiuto il fatto che già a Takarigua c’è molto da fare, molto da esplorare e tutto può essere risolto in maniera sufficientemente libera. I Piranha Bytes sono riusciti a trovare un buon equilibrio tra l’aiutare il giocatore a conoscere il gioco e spingerlo invece brutalmente in mezzo al vasto mondo e fargli scoprire tutto da solo. Non possiamo ancora giudicare se la cosa ci sembrerà altrettanto convincente più avanti col gioco: logicamente però sarà necessario che in prossimità del finale i fili della trama vengano ricondotti ad un unico cordone logico e che lo svolgimento del gioco avvenga in maniera forzatamente meno libera.
Ah sì, tornando agli indigeni: mi sono piaciuti subito già soltanto in base al loro aspetto. Sono fantastici. Tra l’altro si tratta del primo gioco dei Piranha Bytes in cui le donne hanno delle proporzioni corrette e — visto che gli indigeni girano con poco altro indosso oltre ai loro bastoni di bambù — significa che era importante fare un buon lavoro in questo campo. Il risultato è convincente. (No, non ci sono delle amazzoni con un seno enorme e stivali con tacco 12.) Anche nel campo delle animazioni è possibile riportare un certo progresso. Pure dei movimenti apparentemente secondari e semplici come lo scatto ed il rallentamento per tornare al passo normale (con relativa nuvoletta di polvere) hanno animazioni proprie e molto fluide. Stessa cosa vale per il passo sulle scale, con una gamba che rimane sullo scalino successivo quando ci si ferma a metà. Purtroppo si fa poco caso a questi dettagli durante il gioco perché, se eseguiti correttamente, non sembrano altro che naturali. Di cosa possiamo entusiasmarci ancora? La rappresentazione dei dialoghi, ad esempio: inquadrature, terzi che partecipano ai dialoghi, gestualità vivace e, come sempre, degli ottimi doppiatori. I paesaggi della giungla (non abbiamo esplorato altro purtroppo) sono molto eterogenei, credibili e sembrano vivi. I diversi personaggi, che il giocatore incontra, sono nel tipico stile dei Piranha: individualmente caratterizzati e familiarmente rozzi. Di cosa possiamo lamentarci invece? Per i puristi, sicuramente la mancanza di coerenza col mondo di gioco del predecessore (nonostante la presenza degli stessi personaggi). Gente che non apprezza l’ambientazione piratesca, sicuramente non si lascerà convincere da Risen 2. Ci sono piccole modifiche nel sistema di controllo e nel gameplay, che io ritengo minimali ma che altri giocatori potrebbero trovare poco gradevoli. Ad esempio: la telecamera libera, i vestiti componibili, l’impossibilità di nuotare, il potersi arrampicare solo in certe zone. In particolare gli ultimi due elementi menzionati mi mancano. E nei riguardi dell’ultimo punto, Risen 2 somiglia un po’ a The Witcher 2. Ma se non altro, a differenza del secondo episodio della saga del Witcher, qui non viene mostrata in sovraimpressione la possibilità d’interazione col mondo quando si scorge un grosso masso perfettamente arrampicabile in bella mostra in mezzo al nostro percorso. In alcuni articoli di preview c’erano recensori che menzionavano che i pirati di Risen fossero diversi dai tipici pirati di Hollywood e quindi non avessero niente a che spartire con quelli mostrati ne “I pirati dei Caraibi” ad esempio. Dal canto mio, trovo che ci siano troppi riferimenti neanche troppo velati a quella serie di film ed a scenari simili: niente di troppo notevole in effetti, ma ci sono somiglianze in quanto a dialoghi e figure (che però non descriverò per non svelare nulla).
Tirando le somme: un gioco ben progettato, con decisivi miglioramenti in quanto a comparto tecnico e grafica, ed una storia migliore — perché meglio strutturata — di quella del predecessore. (Chiaramente sarà possibile giudicare questo aspetto nella sua interezza soltanto quando conosceremo tutto il gioco.) Le forze dei Piranha Bytes, quindi personaggi simpatici e pregnanti, quest interessanti e dialoghi di prim’ordine, sono tutti aspetti presenti anche in Risen 2.
Articolo originale tradotto dal tedesco da Lck.
Scoglio
Grazie per la traduzione.