Dopo i vari articoli stranieri, ora sono in arrivo alcune anteprime italiane. Si inizia con quella scritta da Francesco Alinovi per il sito Videogame.it.
La vita (a tinte forti) del pirata.
Dieci anni dopo, il ritorno dell’eroe.
È innegabile il fascino evocato da un’ambientazione che preveda bianche spiagge soleggiate seguite da una fitta vegetazione tropicale e magici tramonti che si spengono nel mare. Eppure il genere “piratesco” funziona alla grande solo in pochi casi (Pirati dei Caraibi, One Piece e The Secret of Monkey Island) mentre è facile scivolare verso la mediocrità. Ma Piranha Bytes (che dal nome dimostra già una certa affinità con il tema) non si è lasciata scoraggiare dall’impresa e per il seguito del suo successo ha spinto l’acceleratore su questo tipo di fantasy. D’altro canto, il concetto di isola si sposa perfettamente con le esigenze di un level design che voglia offrire il pieno senso di libertà rinunciando alle barriere invisibili. La possibilità di spostarsi in un arcipelago è l’evoluzione naturale per un gioco già ambientato su un lembo di terra circondato dalle acque. Senza poi contare il piacere di mettere insieme una ciurma per solcare i mari alla ricerca di avventura.
TEMPI DIFFICILI
Dark Waters inizia 10 anni dopo gli eventi del primo Risen e vede presente il nostro eroe senza nome (sempre più disilluso e poco propenso alle relazioni sociali – e con un occhio in meno) che vaga per le strade di Caldera che, protetta da una barriera magica, è rimasta l’ultima roccaforte dell’umanità nella lotta contro i Titani. Difatti tutto intorno si manifestano i segni della distruzione e i rifornimenti possono arrivare solo via mare. Il problema è che le acque sono presidiate da mostri che attaccano ogni imbarcazione che cerchi di avvicinarsi alla città. Solo i pirati sono così sconsiderati da avventurarsi per mare, perché sanno come combattere queste infernali creature. E così il nostro eroe è costretto a farsi nuovi alleati per tentare nuovamente l’impresa di salvare il mondo.
Dato che la navigazione non è presente (basta indicare sulla mappa l’isola che si vuole raggiungere – una volta arruolata nella ciurma l’esperta di mappe e navigazione, ovviamente!), la maggiore innovazione di Risen 2 portata al gameplay è la sostituzione di archi e frecce con archibugi e proiettili. Tutto il resto sembra una versione ultra-potenziata del predecessore il che, è bene dirlo, è una gran cosa. Parlando di potenziamenti, quello che salta subito all’occhio riguarda il motore grafico, dalla cui disamina parte proprio il nostro incontro con gli sviluppatori in una sala riparata dello stand all’E3.
NUOVO MOTORE
Pirahna Bytes ha infatti raccolto tutte le critiche rivolte dai fan (come ad esempio la scarsa caratterizzazione dei volti dei personaggi o la scala cromatica piuttosto risicata) e ha implementato nel nuovo engine i tool per rendere personaggi e ambientazione decisamente più spettacolari. Confrontando le due versioni, la precedente e questa, Risen e Risen 2 non sembrano nemmeno cugini di secondo grado. Soprattutto sul fronte console, pur non raggiungendo i livelli della versione per PC ultrapompati, sono stati fatti passi da gigante, di fatto rendendo omogenea l’esperienza di gioco sulle varie piattaforme. D’altro canto, ai tempi del primo episodio erano stati dedicati solo 6 mesi alla lavorazione della versione Xbox 360, mentre nel caso di Risen 2 lo sviluppo di tutte e tre le edizioni (PC, PS3 e X360) è partito contemporaneamente.
Caraibi!
Un’ambientazione ricca di colore.
Ma sono le vivide scelte cromatiche a rubare la scena ai poligoni. Girando per il villaggio, addentrandosi nella foresta e raggiungendo un’enorme cascata (dopo aver ammirato qualche granchio gigante e altre creature meno facili da decifrare), riusciamo a respirare il sapore dell’avventura e a sentirci parte di un mondo “in alta definizione”, non tanto in termini di risoluzione su schermo (comunque la versione PC non scherza) quanto a livello di dettaglio e vividezza dei colori. Perché avere un universo di sfumature marroni e grigie quando si possono avere palette dalle tonalità sconfinate? Ecco, Risen 2 restituisce la sensazione di essere immersi in un paradiso caraibico più di tanti altri titoli visti finora con simile ambientazione. Inoltre, elemento da non sottovalutare, gli scenari sono stati realizzati tutti “a mano” e non randomizzati dall’engine grafico. Questo significa un universo ludico sicuramente più “ridotto” (stiamo comunque parlando di almeno 60 ore di gioco, a detta degli sviluppatori), ma dalla qualità senza paragoni. Un altro aspetto importante di questo mondo è il ciclo giorno/notte, che oltre a rendere più realistica e spettacolare la scena, ha delle implicazioni anche sulla vita sociale degli abitanti che popolano l’arcipelago – le maggior parte delle attività lavorative, per esempio, sarà sospesa durante le ore notturne e gli abitanti delle isole si ritireranno a dormire. Questo ci porta a parlare delle regole sociali imposte dal gioco: non sarà possibile infatti picchiare indistintamente tutti quelli che ci capitano a tiro, ma avremo la possibilità (prima di menare le mani) di attaccare briga con i vari personaggi usando i dialoghi, che, nella migliore tradizione artigianale, sono stati animati singolarmente, offrendo una grande varietà di espressioni. Tutto questo, aggiunto a un maggiore livello di dettaglio, li rende creature uniche e non semplici segnaposto per le quest.
“CIURMA! QUESTO SILENZIO COS’È?!”
La parte più importante relativa alle relazioni sociali riguarda l’arruolamento dei propri compagni di avventura. Il modello è simile a quello di Mass Effect: una volta conquistata la fiducia di certi elementi chiave ce li ritroveremo indaffarati sul ponte della nave. Alcuni saranno fondamentali per procedere nell’esplorazione, altri permetteranno di potenziare caratteristiche già acquisite (come il cuoco di bordo). Di fatto, quando scenderemo a terra potremo chiedere a un membro dell’equipaggio (sì, solo uno, al momento) di accompagnarci in missione, in modo da darci man forte nel combattimento. A proposito di missioni, se è vero che fino alla conclusione del secondo capitolo la struttura sarà piuttosto lineare, poi il gioco si aprirà completamente, offrendo a ciascuno di scrivere la propria storia. Sarà anche possibile tornare ad esplorare le isole già visitate in compagnia di nuovi personaggi per attivare nuove missioni.
STRATEGIE DI GIOCO
Sul fronte combattimenti, invece, poco sopra si parlava di archibugi e baionette, che si sono sostituiti ad arco e frecce, ma ovviamente sarà possibile continuare a usare vari tipi di lame (spade e pugnali) e ricorrere a tecniche di combattimento molto piratesche, come lanciare la sabbia negli occhi o usare il proprio pappagallo per distrarre gli avversari – eh già, che pirati saremmo senza pappagallo appollaiato su una spalla? Inoltre, ogni creatura presente nel gioco avrà determinati punti deboli che andranno scoperti per procedere spediti nella lotta: i granchi giganti, per esempio, possono essere ribaltati con un calcio, di fatto rendendoli inoffensivi; chiaramente la stessa tattica non sarà efficace con un coccodrillo, a meno che non si voglia poi proseguire con una gamba di legno. Ok, questo ce lo siamo inventati noi, ma la gamba di legno è troppo tipica del genere, così come l’uncino al posto della mano – d’altro canto partiamo già con una benda sull’occhio e con la possibilità di avere un pappagallo per amico, perché non desiderare anche questi altri optional da vero pirata?
La risposta a tale quesito è rimandata a fine anno. Fino ad allora… acqua in bocca!